sabato 25 febbraio 2012

Bec Raty - Via delle Placche -

 La foto sotto ricorda il trittico svizzero "Eiger-Monch-Jungfrau"...


...ma non siamo a Grindelwald. Questa è Valle d'Aosta, precisamente Valle di Champorcher. La Nordwand (sinistra nella foto) è quella del Bec Raty 2417 m. La nostra meta di giornata.


Tutto nasce il giorno prima, venerdì, quando Paolo in arte "Paolino l'Alpino" mi chiede se voglio aggregarmi alla sua cordata. La risposta è scontata.
Oltre a noi due, Danilo, lo scrittore dei mitici blog CLIMBING BIG WALLSCLIMBING BIG WALLS 2 dai quali ho preso spunto per creare il mio!
Il quarto della macchinata è Livio che seguirà un suo itinerario e ci aspetterà (tanto) all'arrivo.

La strada troppo innevata ci costringe a parcheggiare l'auto. Si continua a piedi.


Eccoci sotto la nostra punta, visibile nella foto sovrastante sulla sinistra.


Prima di arrivare all'attacco della via ci tocca una ripida salita su sfasciumi. La giornata sembra estiva e le mie super-calze per l'inverno... fuori luogo!


Sotto un tetto nerastro comincia la via.


Speriamo sia questo tetto!
Imbraghi, caschi, scarpette... solito tram tram che ci segna la partenza vera e propria. Adesso ci siamo!


Parte Danilo. Mi spiegano che la via è poco protetta e va integrata con chiodi, friend e altri materiali di cui ho sempre solo sentito parlare. La curiosità sale.


Mentre Paolino fa sicura posso permettermi di filmare Danilo che conficca il chiodo in una fessura.


Il primo tiro è di circa 40 metri, abbastanza semplice. Gradoni (III) poi placca liscia e strapiombo da aggirare sulla sinistra (IV) fino alla sosta, 2 spit e cordino.


Gli aerei che graffiano il cielo azzurrissimo.


Non manca molto alla sosta.


<< Parte Blu! >>.
 << Parte Giallo! >>.
Sono i colori delle nostre due mezze corde. La mia è la blu.


Arrivati dal famoso chiodo filmo anche la sua rimozione, con tanto di caduta, fortunatamente solo un metro più in basso.


Eccolo!


Ci sono quasi anch'io alla sosta (foto sotto)


Il secondo tiro è spittato. Altri 40 metri piuttosto semplici (IV) sono appena sopra le nostre teste.


Sempre Danilo da primo. Gli ultimi tre tiri si scambierà con Paolo.


Poi io.


Protezioni da integrare... Eccoci sul terzo tiro.


Sosta su albero. Come nacque il "Tree-climbing"


Questa era la sosta originale.


Ora un tratto di trasferimento. La neve ci complica un pò la vita...


Primo piano sulle corde.


La zona più profonda della valle, in direzione Sud.


Eccola la prima grossa difficoltà di giornata. Copio letteralmente dalla recensione di Camp to Camp "Risalita di un diedro ascendente verso destra (III+) con due massi incastrati mobili proprio a ridosso di una placca liscia e verticale a sinistra. Percorsa una breve cengia sempre verso destra, si piega a sinistra per un diedro-camino (delicato e antipatico, IV+)"


In fondo alla valle il Rifugio Dondena (bianco).


Cambio al comando. Tocca all'alpino.


Protezione con Friend.


Questo tiro consiste nel superamento di alcuni salti rocciosi.


A differenza di Paolo io qua scelgo la fessura. Breve tratto in ombra e cambia subito il clima, la roccia si bagna e si trova neve sugli ultimi passi.



Siamo quasi in vetta... e inizio a guardarmi attorno, dall'alto della nostra quota.



Ancora un tiro di trasferimento verso destra in cui superiamo una sosta su 2 spit con cui ci serviamo per superare un tratto insidioso ed esposto.


Manca la risalita dell'ultimo diedro.


Fatta la sosta partiamo io e Danilo. La neve in fondo mi obbliga a spaccate di gambe. La mia (inesistente) flessibilità non mi agevola.


Ma dietro è quasi piana... che fregatura! Averlo saputo prima!


Ultimo piccolo intoppo la caduta di una fettuccia, poi recuperata.


Il classico 360 gradi della vetta.


E l'immancabile foto di gruppo. Da destra Paolino l'Alpino, Danilo ed io.


Manca "solo" la discesa... è il "solo" a fregarci.
Un passo sulla crosta e uno con la neve alla cintura. Una faticaccia, oltre ad una perdita di tempo. Più che le ghette servirebbero le braghe da pesca nei torrenti!


Nulla può comunque toglierci il sorriso per questa bellissima giornata di fine febbraio (o maggio?)



domenica 12 febbraio 2012

Ferrata dell'orrido di Chianocco

Ferrata di Chianocco
Difficoltà  D-
Dislivello  150 m


Eccoci qua... direttamente dall'orrido di Foresto passiamo a quello di Chianocco. 
Breve, intensa e piacevole: così la descrivono le guide di Altox, e non sbagliano.


Ancora caldi dalla mattinata percorriamo il sentiero che ci guida fino all'inizio dei cavi d'acciaio. Qui siamo nella Riserva Naturale Speciale dell'Orrido e stazione di Leccio di Chianocco. Una riserva nata per salvaguardare questo particolare ambiente montano.


Anche questo canyon, frutto del lavoro dell'acqua, si presenta nelle stesse condizioni di quello percorso qualche ora fa. Solo la neve sembra essere scesa in misura maggiore qua.


Ecco il cavo. Ci assicuriamo e partiamo. Subito girato il primo spigolo di roccia la gola varia di direzione.


I primi sono passaggi di forza. Siamo a pochi centimetri dal normale corso dell'acqua ma i passaggi sono già strapiombanti.


Solo acqua e ghiaccio sotto le nostre suole.


Il tratto successivo è tutto inquadrato in questa foto. Grotta sulla sinistra con pendenze strapiombanti, cengia che porta ad un tratto traverso, quindi ponte tibetano e altro tratto traverso.


Eccola la grotta, inquadrata meglio in questa immagine.


Questa è l'uscita.


La forza dell'acqua nello scavare la roccia modellandone le superfici, e quella dell'uomo che su una placca cosi liscia riesce a creare una via di arrampicata. Incredibile!


I cavi del ponte illuminati dal sole. Ci sono quasi.



Attraversato il ponte la via diventa più atletica, colpa le strapiombanti pareti dell'orrido.


Superate due brevi possibilità di fuga in discesa che portano sulla riva del torrente, la traccia continua a salire per una quindicina di metri sempre con pendenza negativa.


Oltre si continua a traversare. Tutti tratti di forza.


Si arriva nei pressi di un laghetto dove si concludono le difficoltà del percorso. Manca solo più un segmento di sentiero attrezzato ed anche questa ferrata è portata al termine.


Panorama sulla Val di Susa dal belvedere sovrastante la ferrata.