domenica 27 luglio 2014

Punta Venezia - Cresta Perotti

Punta Venezia - 3095 m
- Cresta Perotti -
Difficoltà PD+ 3c max

Iniziamo dai dati clamorosi: il mio socio, Crede, che senza contrattare la solita mezz'ora, si fa trovare puntuale alle 5:30 al parcheggio... Incredibile!

Superata questa difficoltà chiave della giornata, il resto è tutto più semplice. 


Saliti verso il Rifugio Giacoletti, dal vallone delle Traversette, arriviamo in prossimità dei grossi nevai ancora presenti alla base del Coulour del Porco.


Leggo la relazione, che dice di superare la neve (arrivando dal Rifugio), e seguire un cengia obliqua, che risale fino al principiare della cresta.
Da dove arrivavamo noi, però, ci sono due cenge similari prima di quella esatta. Morale della favola troviamo l'attacco dopo un'ora di fatiche.
A consolarci è il "cappello" del Monviso, che cambia forma ogni volta che mi giro per fotografarlo.


E dato che "se 'l Munvis u ra 'l capel o cu fa brut o cu fa bel" non sappiamo se il tempo sarà bello o meno. Ma intanto siamo all'attacco della via.


Mi immagino i commenti del socio, alzatosi presto, per perdere poi un'ora a cercar una targhetta tra le rocce.
Fiduciosi del meteo, che sia in questo momento, e sia nelle previsioni era buono, partiamo.


Un'altra foto al Re incontrastato di questi territori.


Il primo tiro è molto veloce, quanto discontinuo. Si superano dei gradoni di rocce.


L2 ci porta a sostare alla base di un diedro, dopo aver traversato a destra. Nonostante il grado basso, questo traverso non è banale, come ci conferma anche la coppia che ci segue, che il caso vuole sia la stessa incontrata qualche settimana fa alla Rocca Provenzale


Si prosegue anche per i tiri successivi sul filo di cresta.


Ecco che alle mie spalle, arriva l'uomo con il capello più curato del mondo dell'alpinismo. Ovviamente per mantenere questi standard deve... farmi arrabbiare (non ti togliere sto casco!).


Ad ogni passo, il sentiero percorso in prima mattinata, risulta più lontano.



Attorno a noi sono disposti tutti i "3000 del Monviso", a partire dal Granero, su cui ero salito anni fa, con la mia prima via di arrampicata in montagna, anche se da secondo, la Michelin-Masoero....


.... il colle delle Traversette (dicono ci sia passato Annibale con gli elefanti), da cui era partita tutta la nostra cavalcata in cresta l'anno scorso: la Skywalker.


Proseguendo, un tratto molto semplice ci porta alla base di un diedro, dove trovo la sosta.


Qua scopriamo uno dei passaggi più ostici della via. Incastrato sopra il diedro, c'è un grosso masso da superare.


Passatolo è tutto più facile.
Il problema di questi tiri così poco dritti, sta nel comunicare con chi ti fa sicura una volta arrivati in sosta. Se aggiungiamo un filo di vento diventa impossibile parlarsi.



Le nuvole continuano ad abbracciare il Monviso, che non si mostra mai tutto insieme.


Ecco il tiro su cui definitivamente perdo la voce. La corda è ormai recuperata tutta e inserita nel Reverso per assicurare il secondo... che non sale.


Mentre i minuti passano, provo a tirare altra corda ma Crede non sale... Allora scatto una foto alla Udine e alla sua Cresta Est.


Con l'aiuto della cordata che ci segue riusciamo a parlarci e a rimetterci in moto.


Ormai siamo in alto, sulle Torri Bifide, i due gendarmi che caratterizzano la cresta, ben visibili dal Rifugio Giacoletti.



Mentre recupero Crede ci facciamo le foto a vicenda (sopra e sotto). Io sono seduto in sosta sulla prima torre.


Da qui sfruttiamo tutto il potenziale fotografico della Gopro di Crede, per immortalarci sulla piccola cima del torrione.


Alle nostre spalle la seconda torre, su cui saliremo tra poco e il bivacco (tutto a sinistra) della Venezia.



Da questo punto di vista incredibile osserviamo la valle ai nostri piedi.


Purtroppo la cordata dietro di noi inizia a patire sforzo e luogo in cui ci troviamo, così questi ultimi metri li facciamo praticamente insieme, più per tenere alto il morale, che per aiutarli.
Mentre sono sulla seconda torre faccio le foto a chi scende dalla prima.


Ecco in cima i nostri due nuovi amici, Silvia e Roberto.


Scesi sul sentiero, raggiungiamo in pochi minuti il bivacco di Punta Venezia a 3080 m.
L'idea era di andare alla croce di vetta, ma è molto tardi e voglio avvisare i miei genitori che stiamo bene. Chiedo a Crede e anche lui la pensa così.


Allora scendiamo. Tappa al Rifugio per una telefonata e poi fino al parcheggio, dove arriviamo belli stanchi.

lunedì 14 luglio 2014

Gran Paradiso

Voglio iniziare da questa prima foto. Sono circa le otto e con i miei compagni di cordata stiamo facendo due passi per digerire la cena appena consumata. Pasta alla bolognese per tutti, arrosto e budino al creme caramel, imposto più che consigliato dalla simpatica cameriera dello Chabod.


Si parla di montagna, di alpinisti, di film e libri sulla montagna e sugli alpinisti. Ogni tanto ci giriamo e alziamo lo sguardo a immaginare quel che verrà domani. Capita che si lasci intravvedere, sempre per pochi istanti. Bisogna esser rapidi con la macchina fotografica per non farselo sfuggire, stasera, il Gran Paradiso, con la sua ripida Nord. Ovviamente non sale qui la nostra via, ma la tocca solo al culmine. Noi ci teniamo più a destra, senza attacarla bruscamente, ma cercando quasi di farsela amica. Insomma saliamo la più dolce normale.
Eccitati dall'avventura imminente e stanchi dal viaggio, prima in auto e poi a piedi dal fondovalle, ci corichiamo nello stanzone.
Gli ultimi istanti prima di prender sonno sono il video mentale di ciò che è avvenuto prima. L'idea di Adri e mia di salire qui, il ritrovo per organizzare con Ilvo e Marco, la preparazione del materiale... 


Sono le 3:40. Ilvo mi sveglia. Siamo noi a dare l'inizio a quella serie di rumori che si sentono nei rifugi a quest'ora della notte. Solo chi lo ha già vissuto conosce questo momento. Cerchi di fare il minor rumore possibile, mentre ricomponi il letto e metti via nello zaino le ultime cose. Poi si scende a far colazione. Noi abbiamo anticipato tutti e così siamo già con l'imbrago indosso e gli scarponi ai piedi.
Adri ha ancora il tempo di chiedere al gestore com'è andata la finale del mondiale: 1- 0 Argentina. La mattina parte bene!
Fuori dal rifugio non fa freddo, accendiamo le frontali e partiamo. Marco tira il gruppo. Sulla morena che ci porta al ghiacciaio siamo già soli al comando.
Arriva la luce e tornano le immagini a supportare il mio racconto.


Siamo al limite inferiore del Ghiacciaio di Lavacieu, dove ci leghiamo in cordata.
Io sono davanti, mi seguono Adri, Ilvo e Marco, che chiude il gruppo.


La parte bassa della salita è un ampio zig-zag ad evitare le zone più crepacciate e i piccoli seracchi presenti sul ghiacciaio. Dopo aver puntato dritto verso la Nord deviamo a destra. La salita diventa più ripida. Il tempo non ci fa capire se sarà una bella giornata o meno. Nuvole e schiarite si rincorrono di continuo. Noi proseguiamo all'ombra delle grandi bastionate del Granpa.



Saliamo lenti. Talmente lenti che dietro non si vede più nessuno. Incontriamo nuovamente altre persone alla Schiena d'Asino, dove si congiunge la traccia che sale dal Rifugio Vittorio Emanuele II.


In lontananza, sopra le nuvole sono solo due le punte a svettare: il Monte Bianco e...


... la Grivola


Piccola pausa. Il vento diventa più forte ed è il caso di coprirsi e sorseggiare un po' di tè caldo. Ora possiamo vedere quasi tutto il percorso che ci separa dalla meta.


Due alpinisti vanno in esplorazione verso la Becca di Moncorvè.


Lassù, oltre questo ripido tratto c'è la madonnina bianca, ad indicarci la vetta.


Adri mi segue come un'ombra.


Quest'immagine mi ricorda gli indiani appostati in alto, sulle rocce pronti ad attaccare. Invece è la ressa di persone che aspetta di percorrere gli ultimi metri verso la statua.


Il Ciarforon spunta appena dalle nuvole.


Sembra incredibile a dirsi , ma siamo in coda. A 4000 m, praticamente in cima, ma in coda per gli ultimi passi (in piano). Come al solito a queste quote, inizio a star male. Gambe ancora in forze, niente mal di testa, ma conati di vomito.


Questo tratto, su cengia molto esposta è il più pericoloso. Non per i 600 m di vuoto che ci separano dal Ghiacciaio della Tribolazione, giù in basso, quanto per l'arroganza e la maleducazione di alcune persone che non rispettano la fila e creano confusione e potenziale pericolo superando tutti quelli che trovano davanti.


Nonostante tutto arriviamo dalla Madonna.


Per scendere, invece di tornare indietro usufruiamo di una sosta per allestire una brevissima doppia. Tornati sul ghiacciaio inizio a scattar foto al Paradiso.




Sembra tutto bello, candido e pacato. In realtà nascosto sotto le apparenze è il pericolo a dominare. In poche altre forme la natura inganna in questo modo. L'ambiente qui è veramente inospitale.


Noi, però, non cerchiamo ospitalità, siamo di passaggio. La cengia finale non me la sono goduta, un po' perché non stavo bene, ma soprattutto per il caos che regnava. Solo ora mi rendo conto di non aver foto dello strapiombo che lambiva i nostri piedi.
Sarà che dovrò ritornare? Adesso penso a godermi la discesa, visto che dopo pochi passi, torno subito in forma.
La macchina fotografica non risparmia nemmeno un seracco.


Siamo nuovamente alla Schiena. Salutiamo quelli del Vittorio Emanuele, ma noi scendiamo dall'altra parte.


Mentre Adriano Gonella (così avete nome e cognome) cerca di distruggere ogni precedente record di russata libera in alta quota, lasciandosi andare in pochi secondi ad un sonno profondo, io mangio un pezzo e mi scatto una foto da coricato.


Tornano le nuvole ma noi siamo rapidissimi a scendere. In due ore e trenta siamo con le gambe sotto al tavolo dello Chabod.


Quello sotto non è un portale spazio-temporale, ma la parte mediana del ghiacciaio che ci riporta a valle.


Prima di uscire dal regno dei ghiacci, arriva una "inciampata" sincronizzata tra i due componenti centrali della cordata. La fatica inizia a farsi sentire.


Il seracco sotto cui passa la traccia è ora dello stesso colore del cielo.



Ultimi bianchi metri....


...poi la morena, già percorsa al buio 7 ore prima...



...e la foto di gruppo al rifugio, dove pranziamo e scopriamo che la cameriera del "creme caramel", ha scritto apposta il risultato sbagliato della finale, su un foglio lasciato al gestore per fargli uno scherzo!


Guardando l'ultima foto posso dire che anche togliendo la cima (che in effetti non si vede) la compagnia è stata super! Ci siamo divertiti e abbiamo fatto mille risate...
Ma se tutto questo lo ambientiamo a 4000 m sul Gran Paradiso... Beh gli aggettivi metteteli voi!