venerdì 15 agosto 2014

Contreforts des Bans - Tentativo - Isabelle aux Bans

Contreforts des Bans - 3400 m
- Isabelle Aux Bans -
Difficoltà D+ 5c max
Sviluppo 400 m

Durante la breve vacanza a Losanna, a trovar l'amico Nicola, arriva la proposta per questa via, "Isabelle aux Bans", di cui non conosco nulla. Non essendo mai venuto da queste parti, accetto senza pensare più di tanto. Solo arrivato a casa inizio le ricerche su internet per vedere di cosa si tratta ed effettivamente non trovo un commento negativo riguardante questa via.
Allora partiamo!
E' il 14 pomeriggio, quando stiamo camminando in direzione del refuge des Bans 2083 m. Credevamo di incontrare poche persone, invece, durante la veloce salita incrociamo molte famiglie con bambini al seguito, probabilmente andate a mangiare qualche specialità del rifugio.


La piccola e spartana struttura è famosa per la sua cucina. Attorno è possibile trovare il pollaio con le galline e l'orto. Nell'ora e mezza che ci vuole per raggiungerlo, ammiriamo i numerosi ghiacciaietti pensili che circondano questo vallone incassato. Vorrà dire che è una zona particolarmente fredda?


Dopo l'ottima, anche se non abbondante cena, andiamo a dormire. Domani colazione alle 5:00 e poi si parte.
Ovviamente la nostra cuccetta è "Isabelle aux Bans"!


Alle prime luci del mattino, siamo già sulla lingua nevosa che ci conduce alla base di rocce, da superare con passi di III grado. La difficoltà maggiore di questa via, infatti è il lunghissimo e vario avvicinamento. Sentiero, pietraia, nevaio, roccia, un piccolo ghiacciaio... E' un continuo cambiar di assetto per superare il nuovo tratto.



Alla nostra sinistra il Pic de Bonvoisin 3481 m, imbiancato di neve fresca due giorni prima.


Salendo il sempre più ripido nevaio, iniziamo a scorgere la nostra punta, quella più a destra nella foto sotto.


La cascata, a quota 2700 m, sembra scendere sulla neve, invece l'acqua cade nella profonda voragine che si è creata prima della parete rocciosa.


Superato il passaggio di III, dove scorgiamo un anello di calata, utile al ritorno, ci troviamo quasi alla base delle pareti dove hanno l'attacco le vie di salita. Mancherà poco...


... Assolutamente no! Ramponi ai piedi per un tratto di ghiaccio, dove una pietra grossa come un pugno mi sfiora la faccia.


Ci spostiamo nuovamente su roccia per superare, senza finirci dentro, due grossi crepacci. 
Sono le 8:00. Inizia a fare freddo (siamo quasi a 3000 m...). L'effetto del Sole è nullo anche verso pareti appena imbiancate, sulle quali ormai picchia da più di un'ora.


Con quella che credo essere la sommità dei Bans 3669 m, in fronte, arriviamo all'attacco della via.


Lassù, aguzza, è la nostra meta.


Prima dell'attacco, ci appare davanti l'enorme seraccata del Glacier des Bans, il vero protagonista della via. Metà delle foto che ho visto su Google lo trovano da sfondo.


Iniziamo l'arrampicata. Fa molto freddo, il Sole resta dietro una grossa nuvola (sarà così per tutta la giornata) e c'è anche un po' di venticello. A destra del Pic de Bonvoisin, inizia ad intravvedersi il Pic Jocelme 3458 m, tutti imbiancati. La roccia è gelida.


Parte Paolo.


I tiri fino al terzo, passano veloci senza grosse difficoltà. Paolino sale da primo e noi lo seguiamo a nostra volta. A turno ci dividiamo il compito di far sicura da sotto, in modo che l'altro possa tenere le mani in tasca, al caldo.



Vado io da secondo e Danilo per ultimo.



La cima continua ad avvicinarsi.


Danilo arriva alla sosta del secondo tiro.


La terza lunghezza. Il tempo non migliora affatto, anzi...


Arrivati tutti in sosta, parte Paolo per il quarto tiro. Dopo averne superato la metà ci dice che sulla via c'è del verglas. Fa fatica ma lo supera. Oltre è però costretto a fermarsi. La via sembra troppo dura, soprattutto in queste condizioni, e gli spit troppo lontani. Scende.
Per recuperare almeno il materiale, sale Danilo. Dopo aver faticato parecchio arriva in sosta.
Tocca a noi sotto partire. 
Tutto ciò che ho appena scritto in due righe, si è però svolto in un'ora abbondante, in cui vento e freddo non ci hanno dato tregua. Quindi adesso dobbiamo salire con piedi ghiacciati e mani ormai insensibili che non aiutano a capire se la presa è sicura o meno.


Arriviamo lo stesso in sosta, ma con la chiara idea di ritornare subito giù. Non ha più senso salire in queste condizioni, anche se dispiace un po' a tutti non ultimare la via, soprattutto qui, dopo aver dormito al rifugio e fatto tanto avvicinamento.


Scendiamo quindi in doppia, facendo molta attenzione a non tirare sassolini su chi è già sceso.




Sotto di noi il costante bianco della parte inferiore del Glacier des Bans.


Dopo aver indossato tutto i vestiti che mi ero portato, cominciamo la discesa.
Solita sequenza di neve e ghiaino instabile, che ci costringe ad usare molta prudenza e fare attenzione a ritrovare la traccia dell'andata, visto che su queste morene, ogni roccia sembra uguale alle altre e gli ometti portano sulla cattiva strada.



Dopo varie disarrampicate, una doppia sul passaggio di III e la discesa del primo lungo nevaio, possiamo finalmente rilassarci. Siamo sul sentiero.
Al rifugio, il gestore ci attende per sapere se è andato tutto bene. Gli raccontiamo la nostra avventura, seguiti anche da due ragazzi che intendevano salire la via il giorno seguente.
Ovviamente la metà di via salita non ci ha entusiasmato, soprattutto per le condizioni in cui eravamo, noi e lei. Sicuramente richiede un avvicinamento troppo complesso per quel che è poi l'arrampicata.
Solo al Mac Donald di Briançons troviamo finalmente un po' di calore e chiudiamo quel buco nello stomaco dovuto a molte ore di digiuno.

giovedì 7 agosto 2014

Bishorn

Quando la cordata di Corneliano chiama... non si può far altro che rispondere positivamente!

Quindi eccomi al parcheggio di Zinal (Svizzera) pronti a risalire i 1600 m di dislivello che ci separano dalla Cabane du Tracuit, con Paolino l'Alpino e Danilo.
Dopo pochi passi il panorama che ci troviamo di fronte è già da cartolina: le prime vette della Corona Imperiale, iniziano a mostrarsi. 


Il sentiero, che parte da Zinal, sale subito ripido nel bosco sopra il paese, puntando verso una grossa cascata. I parapendio che si alzano in volo dal versante opposto della vallata, passano a pochi metri sopra le nostre teste.


Superata la cascata, citata in precedenza, la vista varia completamente. Inizia a vedersi il rifugio (ancora lontano) e il Weisshorn, la montagna che domina questi prati dai suoi 4505 m.


E' l'ora del pranzo, utile oggi anche a smezzare la lunga salita. La vista da qui è incantevole. Viene voglia di non muoversi più per restare a contemplare queste montagne.


Ma essendoci posti un obbiettivo, vogliamo anche portarlo a termine.

Il sentiero per la Cabane corre tutto su fondo terroso e quindi morbido, ottimo soprattutto al ritorno. Solo in prossimità dell'arrivo varia, tagliando a mezza costa su pietraie e sfasciumi fino all'ultimo tratto, sul quale una catena aiuta salita e discesa.


Superatolo si è a pochi passi dalla Cabane du Tracuit 3256 m.


Tolti gli zaini dalle spalle, testo subito la Gopro prestatami da Crede.


L'immancabile selfie con il Bishorn, nostro obbiettivo ultimo.


Da qui la vista è veramente magnifica. Si è nel centro della Corona Imperiale e tutto attorno solo il bianco dei ghiacciai.

Zinalrothorn 4221 m, o Zinalhorn (secondo Paolino), tra le nuvole...


... e col cielo azzurro.


Dent Blanche 4357, con la sua parete Nord e più avanzato verso destra Grand Cornier 3962 m.


Viste insieme risultano così. Con Obergabelhorn 4063 m, a destra dello "Zinal" e la Dent d'Hérens 4171 m, ancora nascosta dalle nuvole.


Fin qui tutto eccezionale. Poi si passa al capitolo cena. Saremo ben abituati noi, ma minestrina piccante al curry, riso non condito e brodo con carne di pollo, peperoni e zucca (il tutto, ovviamente, al curry), non ci soddisfano come un bel piatto di pasta... Il conto, invece, era molto ben "condito". Pagando in Euro il cambio sale parecchio, e le carte non sono accettate.

Dopo una nottata in cui, personalmente ho dormito discretamente bene, nonostante un signore che russava come veramente non avevo mai sentito, e una colazione piuttosto povera, siamo subito sul ghiacciaio, dopo pochi passi fuori dalla Cabane.

Qui, dopo aver superato il lungo pianoro glaciale che comincia quasi all'uscita del rifugio, stiamo per deviare a destra per risalire il pendio regolare e ripido che porta in vetta.


Ogni fotocamera fa variare i colori dell'alba. Questa è quella di Paolino.


La traccia è autostradale, anche se la nevicata nella notte ha portato qualche centimetro di fresca sulle vecchie impronte.


A dispetto di ciò che avevamo immaginato, la salita è comunque sempre molto ripida, e non concede pause.


Siamo in vista delle due vette. La principale a destra e la Burnaby 4134 m, a sinistra.


Ci avviciniamo sempre di più. Fatica e altezza iniziano a farsi sentire.


La "meringa" sommitale. Tra pochi minuti le saremo sopra!

 

Sotto i nostri piedi, il crepacciato ghiacciaio alle pendici del Weisshorn.


Siamo al colletto che separa le due punte. Metto la Gopro in formato video e inizio a riprendere gli ultimi passi. La cima sembra a portata di mano, ma questo breve spazio è ingigantito dalla stanchezza.




Paolino l'Alpino uscito in vetta.


Poi tutti noi. Siamo i primi di oggi e ne approfittiamo per scattare qualche foto in solitudine.


Poi arriva una cordata di due donne, che si propongono per farci alcune foto.


Con questa tecnologia a disposizione non posso non fare un video a 360° del panorama in cui siamo immersi.


Inizia a soffiare un vento gelido, che complica gesti semplici come schiacciare il tasto per scattare foto. Ma noi vogliamo vedere il Weisshorn, che da qui è spettacolare, e quindi restiamo, nonostante il freddo a mani e piedi.
Fino a quando, finalmente, spunta.


Intanto le cordate continuano ad arrivare, mentre noi stiamo già per scendere.


La più rocciosa Punta Burnaby, davanti ai 4000 di Zermatt.


Ancora una foto con la punta che sta per scomparire.


La discesa del ghiacciaio Turtmann (stessa traccia del mattino) è molto veloce, e in breve tempo le fatiche della salita sono già dimenticate alle nostre spalle.


Arrivano le pietre e il momento di togliere i ramponi, ma ormai siamo al rifugio.


L'incontro tra terra e cielo. Un mare bianco che sale, investito da un altro che scende. La vista dall'entrata della Tracuit, vale da sola la gita in Svizzera.


Tutti stanchi e affaticati, ma con ancora tanta strada da percorrere.


Ripartiamo verso il fondovalle, riguardando ancora per una volta indietro, alla nuovissima e lussuosa struttura in cui abbiamo passato la notte.


Oltre è discesa fino a valle. Prima girandosi in continuazione per ricercare i punti toccati, e per vedere ancora una volta la tale montagna, poi guardando le case laggiù di Zinal e cercando l'auto nel parcheggio.
E' solo a questo punto che inizi veramente ad assaporare le fatiche, gli scenari e le sensazioni che hai vissuto... solo adesso che ti sei seduto al Mac Donald di Visp!