sabato 27 giugno 2015

Punta Udine - via Alice 120 80

Punta Udine - 3022 m
- via Alice 120 80 -
Difficoltà D+ - 5c max 5b obb
Sviluppo 320 m

Dopo qualche weekend senza montagna, torno a toccar rocce.
Lo faccio a Punta Udine, Valle Po, a due passi dal rif. Giacoletti, insieme a Paolino l'Alpino.


Prendo l'introduzione dal sito del rifugio per spiegare il nome di questa via:

Questa via festeggia il ritorno di Alice al Giacoletti e all’arrampicata dopo il delicatissimo intervento subito nell’autunno 2008 che la riporta a vivere e a sorridere in mezzo a noi.

120-80 sono la pressione massima e minima che doveva avere e che regolarmente misuravamo per essere certi che la ripresa fosse completa. La sua prima ripetizione della via conferma il miracolo di questa guarigione!

Itinerario bellissimo e simbolico, soprattutto per ciò che rappresenta, vuole essere un invito a vivere il presente: come direbbe Guy “la felicità è quì, adesso !”


Dopo delle parole così... non resta che partire.


Con l'arrivo direttamente al primo Fix, grazie alla neve, ci assicuriamo e prepariamo per iniziare la salita.
Vado io. Salgo in verticale e dopo pochi passi ridiscendo alcuni metri. Il colore del metallo dei Fix si confonde con quello della roccia. Oltre a ciò il Sole, sovente "negli occhi", ci complicheranno la ricerca dell'itinerario.
Capiamo che mi devo tenere subito a destra e dietro un angolo di roccia metto il rinvio. Strada ritrovata!


Il primo tiro sale verso destra. Breve e veloce (4b, 3c, 4a).


Riparte Paolo per L2 (5a,4b,5c). Dopo pochi metri non ci vediamo più. Fortunatamente oggi abbiamo con noi le radioline per comunicare senza sgolarci, anche con il vento.



Oltre il salto della foto sopra, si trova il passaggio chiave. Un tettino di 5c (molto ben protetto), con un'uscita molto poco ammanigliata. 
Gli ultimi metri più facili sono visibili sotto.



Riparto io da primo. Mi aspetta un muro tecnico a réglettes, che scopro essere delle fessurine orizzontali (5a,5b,4c).


Un Fix posizionato un po' in alto e dei segni sulla roccia, ci fanno pensare che qualche presa possa essere saltata via. Questo complica il tratto più impegnativo.



Arrivo comunque alla sosta (soliti due Fix belli nuovi, da collegare).
"Paolooo sali quando vuoi!"


"Partooo". 
Ecco come appare il muro visto dall'alto.



Il tratto più complesso.


Sopra la visuale è questa.


Su L4 (3a,3b) tira Paolino.


Un muretto poco pronunciato è il passo più ostico di questi 45 m.


Oltre la via si insinua in un diedro verticale, dopo aver superato una placca appoggiata e un breve muro.


Con qualche passo di forza riesco a superarlo. (4a,4c,3a)


Da sotto vengo assicurato (almeno a gesti).


Sopra il diedro, si tiene la destra per qualche metro, prima di arrivare ai due Fix di sosta.


Turno dell'Alpino. Placca abbattuta, tetto, con due belle fessure, da tenere in Dulfer e uscita nel diedro (3a, 4b, 3c, 4a).


Ecco il tetto.




"Gervasutti" chiede se gli scatto una foto in cima ad uno spuntone. Detto fatto!


Penultimo tiro, il settimo (3a,4a). Prima su placca liscia e poi tratto più articolato che conduce veloce alla sosta.


Sembra di volare!




Ci resta ancora un breve tratto (4b,3c,2a). Lo tira Paolo, che allarga le braccia dalla cima.


Io, nel mentre lo raggiungo.



Spostamento di qualche metro a piedi ed è vetta!
Punta Udine 3022 m!



Cordata dalla croce.


Ora affamati e assetati, possiamo riposarci un po' prima di scendere.

sabato 6 giugno 2015

Rocca Castello - via Sigismondi

Rocca Castello - 2453 m
- via Sigismondi -
Difficoltà AD


Ancora una volta a guardarla...
Da qua sotto sembra impossibile poter salire fin lassù, in cima a quelle pareti verticali, che attaccheremo tra pochi minuti, giusto il tempo di arrivare a Colle Greguri 2310 m.

Dal colle la via appare così:


Parte Paolo sul primo tiro, che sale dritto per dritto da dove termina il sentiero.


La via non è molto impegnativa, dal punto di vista tecnico e comincia con un muro ripido e ben ammanigliato (III-II). S1 si trova su un terrazzino dopo una quarantina di metri.


Il mio secondo tiro è molto breve e mi porta all'inizio della grande cengia che divide la parte superiore dalla base della parete.  Da qui tocca al mio socio trovare dove prosegue la via. Un diedro lo guida oltre la cengia.


Il quarto tiro tocca nuovamente a me (II-III). Con questa lunghezza arriverò fino alla cresta che caratterizza l'itinerario.


Prima di raggiungere la sosta, si deve però, superare un passaggio, che richiede un piccola spaccata con le gambe (per me, poco elastico, enorme), prima di uscire verso sinistra (III+).


Sotto sono alla "spaccata".


Dopo di me tocca a Paolo risalire lo stretto camino, caratterizzato da una fessura che fa passare l'aria del versante opposto, come una finestrella sulla parete Ovest.


In sosta.


Nel tiro seguente, dopo pochi passi, si inizia a cavalcar la cresta (II+). Trovarsi su una linea sottile, con il vuoto a fianco, sui due lati, mi fa sentire più equilibrista che alpinista.


La corda continua a scorrere, legata al primo.



Dalla sosta il compagno mi urla che posso partire io.


Ecco il vuoto di cui dicevo prima.


La Gopro montata sul casco filma il passaggio.


Dopo il mio turno da primo, scatto una foto alla cresta appena superata...


...e a quella che ci rimane.


Intanto Paolino l'Alpino mi raggiunge.



Altro cambio al comando, per l'ultima lunghezza di corda, quella che ci porterà sulla vetta.


Vetta, incredibilmente larga e piatta. Dopo la verticalità di prima, posso rilassarmi un po'.



Foto di cordata, e si riparte con le discese in corda doppia verso la base della rocca.


Prima Paolo, poi io.


La secondo sosta da cui ci caliamo. Un cavo d'acciaio attorno ad uno speroncino roccioso.


Il sentiero giù in fondo, diventa man mano più grande!


Sulla via c'è altra gente che sta salendo, dove siamo passati poco fa.


Purtroppo su questo terreno così poco uniforme si corre un rischio in discesa: l'incastrarsi delle corde, che non scorrono più tirandole da sotto. Ovviamente anche a noi (cioè a Paolo), tocca perdere un po' di tempo e risalire di qualche metro, per rimettere la situazione a posto.


Prima di raggiungere l'ultima sosta, dalla cengia al fondo, bisogna spostarsi orizzontalmente di un centinaio di metri, che richiedono molta prudenza. Poi è una calata nel vuoto vero e proprio!


Dai prati sottostanti inizio a scattar foto alla natura che ci circonda.



Ultimo sguardo alle spalle. Poi si torna a casa.