mercoledì 20 luglio 2016

Trident du Tacul - via Lepiney - tentativo

Un sogno. Passare una giornata nel cuore del massiccio del Monte Bianco è, per me, un sogno che si avvera. Credo lo sia per tutti coloro a cui piace andar per monti, che conoscono la storia dell'alpinismo, scritta per buona parte su queste montagne, guglie e pareti. Non so se esistano altri luoghi in cui ovunque cada lo sguardo, si possano contare così tante numerose grandi ascensioni. Poi viene in mente un nome, Bonatti, un personaggio per il quale questo massiccio non aveva segreti.
Ecco la Cresta di Peuterey, che appare già dalla funivia...  

...e il Dente del Gigante, 4013 m, il quale cattura ogni sguardo dalla stazione di Punta Helbronner.
Veniamo a noi, che appena scesi dagli impianti, come in una gara ad essere i primi sul ghiacciaio, partiamo alla volta dei Satelliti del Tacul. Guida Danilo.



Eccoli spuntare dopo pochi minuti di cammino. Noi ci dirigiamo a sinistra, verso il Trident.
I cavi che portano all'Aiguille du Midi, 3842 m, corrono sopra le nostre teste.



La macchina fotografica è costantemente in mano. Ogni piccola punta sembra richiedere foto da ogni prospettiva. E' veramente tutto magnifico.



Le Aiguilles di Chamonix, "capeggiate" dall'Aiguille du Plan, 3673 m. Più in basso nella foto gli ovetti che, a tre a tre, viaggiano avanti e indietro.



Eccoci al cospetto dei satelliti. Il "nostro" Trident, a sinistra, affiancato dal ben più celebre Gran Capucin, 3838 m.



Molti alpinisti deviano verso l'Aiguille du Midi, o comunque verso altri satelliti.



Noi con poche altre cordate ci portiamo verso sinistra. Sul ghiacciaio incontriamo alcune tende di gente che ha passato la notte e una delle guide del programma Monte Bianco.



Non posso smettere di fare delle foto. Il Grand Cap è imponente.



In lontananza il Drus, 3754 m, la Verte, 4122 m, e Les Droites, 4000 m.



Trident du Tacul - 3639 m
- via Lepiney -
Difficoltà D
Sviluppo 250 m



Sotto al tridente, ci portiamo alla sua sinistra e risaliamo un conoide per arrivare all'attacco.


Danilo è quasi alla sosta dove parte la via.


Anch'io verso la sosta. Una cordata francese ci segue.



Parte Danilo sul primo tiro III+.


Essendo una via senza spit, bisogna sempre ricercare il percorso, che non è affatto scontato.


Parto io. Finalmente tocco questo famoso granito protogino del Bianco. Rimango un po' deluso. Sento la scarpetta che non ha grande tenuta e non mi fido molto. Penso sia l'umido di questo tratto in ombra, ma anche dopo non migliorerà molto.


Il secondo tiro, IV+, parte con una estetica fessura.
Qui vedo il capocordata dei francesi superarci con incredibile facilità. Scoprirò dopo essere una guida.



Superato il muretto con fessura il tiro diventa più facile.


Intanto, una cordata su quella che credo essere la Chandelle.


Uno dei vari passaggi in cui occorre infilarsi in strette fessure, e non occorre badare all'estetica del gesto. Questo è al terzo tiro.


E' il mio turno. Ginocchio sul gradino ed io coricato sopra e si va...


Non tira un alito di vento e quindi mi godo al massimo queste visuali. Senza parole.


Il tiro chiave, V+, con Danilo che sta arrivando alla sosta, pochi metri sopra di lui.
Una lotta per il primo, ma anche io troverò duro, oltre ad un nut che non voleva venir via. Questi gradi mi sembrano diversi da quelli che conosco "cuneesi" o forse è la tipologia di arrampicata ad essere diversa.


Nuovo tiro più semplice III.


Dietro di noi un mare di ghiaccio e il dente.


La Tour Ronde, 3792 m.


Dani è quasi in sosta.


Quando parto io, la corda rossa si va ad agganciare ad una sporgenza e non riesco a farla saltare. Devo slegarmi, tanto salgo da secondo, mentre viene recuperata dalla sosta.


Sopra Dani il vero granito rosso del Bianco.


Ops... foto prima in salita e poi? Foto in doppia.
Nel mezzo mancano i numerosi tentativi fatti per entrare nel camino che caratterizza il tiro successivo. Incredibile come nessuno dei due sia riuscito ad entrarvi, anche senza zaino, per motivi di spazio. Eppure i francesi che ci hanno superato non sembravano mingherlini. Quando riusciamo a comunicare con loro ci dicono qualcosa circa il superamento del camino da fuori, ma non capiamo bene.
Quindi, dopo aver perso molto tempo, ridiscendiamo, anche per non perdere la funivia delle 17. Li si che sarebbero guai.
Le doppie sono aeree e il crepaccio là sotto, sembra aprire la bocca in attesa del pasto. Per oggi resterà digiuno.


Solita foto pazzesca alla "cattedrale di luce" come dice Gabarrou.



Ritorno su ghiacciaio in salita. Il caldo lo rende un po' più duro, ma in un'oretta siamo in stazione, abbondantemente in tempo.


Dispiace un sacco l'aver mollato a pochi metri dal famoso tridente. Questa cima così aerea e sottile avrei voluto toccarla con le mie mani.


La giornata comunque è stata un successo. Un tempo simile in questo luogo non è cosa di tutti i giorni.


Gli ovetti continuano il loro movimento sopra i ghiacciai. Qui anche gli impianti sono spettacolari.



Ultime foto prima della discesa a valle. Beh le facce sembrano soddisfatte.


Ho iniziato e concludo con la cresta di Peuterey. Che posto magnifico!


sabato 16 luglio 2016

Piramide Vincent

In previsione di una futura salita sul Monviso, Crede ed io cerchiamo di mettere un po' di benzina e "quota" nelle gambe. Insieme a Flavio partiamo, quindi, alla volta della Piramide Vincent, 4215 m.


Usciti dalla funivia di Punta Indren, 3275 m, ci incamminiamo sul Ghiacciaio di Indren, fino alla fascia rocciosa che lo divide dal soprastante Ghiacciaio di Garstlet. Essendo tracciatissimo evitiamo, per ora, di usare i ramponi.
Superato il tratto di corde fisse, cambiamo l'assetto.


La giornata è spaziale. Non fa freddo e non si vedono nuvole da nessuna parte. Pure il Monviso è perfettamente visibile e lo sarà per il resto della giornata.
Intanto sbuca, a sinistra, la sagoma scura della Capanna Gnifetti, 3647 m.


Cordata: io, Crede e Flavio. Dietro di lui, molto più in basso, il Lago del Gabiet.


Il paesaggio qui è veramente glaciale e severo. Seracchi, crepacci e grandi pareti bianche delimitano la nostra visuale. Non fosse per la coda di alpinisti sulla traccia per la Capanna Margherita, 4554 m, questo luogo sembrerebbe molto più selvaggio e inospitale.


Ecco la marea di persone che si prepara, alle nostre spalle.


Invece, davanti a noi, possiamo fare conoscenza con la piramide, che però saliremo dalla via normale, sul versante opposto rispetto a quello inquadrato.



Sul Ghiacciaio del Lys, dove ci troviamo ora, saliamo veloci. Nonostante Crede continui a farsi problemi sulla sua tenuta fisica, superiamo tutte le cordate che abbiamo davanti.


Inizia ad alzarsi un po' di vento... Un po' tanto, in effetti, che alza questa neve finissima e gelida sulle nostre facce.


I grandi seracchi della Vincent. Meglio togliersi in fretta da qua sotto.



Dopo aver deviato dalla traccia per la Margherita, passiamo sotto il Balmenhorn, con la statua del Cristo delle Vette ed il Bivacco Giordano, a 4167 m. Alla sua destra, il Corno Nero, 4322 m. Il vento non cala.


Per la nostra meta mancano solo più pochi metri, che a questa quota iniziano a farsi sentire.


Breve sosta per infilare l'antivento e si riparte per l'ultimo strappo.


Un'altra cordata che sale verso la Vincent e sullo sfondo la clamorosa parete che scende dalla Parrot, 4436 m


In lontananza il Monte Bianco, con tutti i 4000 del massiccio e il Grand Combin, 4314 m. Più vicino il Castore, 4221 m, con la sua lunga cresta.


Ormai in cima, mi giro verso il Lyskamm Orientale, 4527 m.


4215 m, cioè vetta!!
Il primo 4000 per Crede ed il decimo per me. Il tutto in sole 2 ore e 30!



Iniziamo a scendere, con lo sguardo ancora rivolto verso la parete della Parrot.


Tornati sul Ghiacciaio del Lys ci immettiamo nuovamente nel traccione autostradale che lo percorre.
Sempre sotto le imponenti sagome dei Lyskamm, col loro Naso, 4272 m.


Ultimi metri, poi tutti a pranzo al Rifugio Mantova, dove i miei genitori ci stanno aspettando.