sabato 23 giugno 2018

Le Rateau - Cima Ovest

Rateau - 3770 m
- Cresta Ovest -
Difficoltà AD-

Una cima che non conoscevo, il Rateau, in una porzione di Alpi (Ecrins), non così distante da casa mia, ma su cui poche volte mi capita di buttar l'occhio. A torto, perché varrebbe la sfacchinata solamente la strada che sale dritta e filante dopo Briançon, ricca di scorci inaspettati che mi lasciano a bocca aperta.
Dicevo non troppo distante, ma comunque nemmeno dietro l'angolo. Danilo mi comunica la partenza ad orario super alpinistico (è passato troppo tempo, adesso che scrivo, per ricordarmi l'ora giusta, ma troppo poco per non ricordare la levataccia) e via lungo la valle di Susa alla volta del Monginevro.
Arrivati a La Grave mi sento in un piccolo paradiso. Ho immaginato sovente questo luogo per via della sua popolarità nel campo dello sci fuoripista, o freeride. Non immaginavo certo di trovare un piccolo paesino, immerso nel verde, da cui parte un vecchio impianto di risalita che molto lentamente ci posa ai margini del ghiacciaio della Girose, al Col des Ruillans (3211m).


Siamo i primi a partire sulla bianca distesa che ci troviamo dinnanzi, mentre un piccolo gruppo di sciatori si porta verso lo strano ski-lift aperto nonostante il periodo.


La montagna è tutta per noi! Spettacolo!


In breve raggiungiamo la prima rampa nevosa della giornata, che ci porta, una volta superata la crepaccia terminale, al Col de la Girose (3518m). Siamo ancora molto freschi e questo breve tratto ripido non ci spaventa neanche un po'.



Pian piano la traccia si impenna e il fondo si allontana. Dani in zona terminale, nella foto sotto.


Strane prospettive. Due persone, poco distanti dalla nostra cordata, sembrano minuscoli puntini nel bianco della neve.


La giornata è splendida e il sole picchia forte su di noi.


Arriviamo al primo spiraglio con vista Ecrins.


Alle nostre spalle spunta il Bianco e la strada che sale al mitico Col du Galibier (per gli appassionati di ciclismo).


La traccia svolta per puntare dritto verso la cima.


Il panorama non è male. Sono entusiasta. Che belli questi Ecrins!


Total yellow oggi, ovviamente per le foto... ;-)


A quota 3650 iniziano le difficoltà, con un tratto di misto. Procediamo in conserva. Dani, che qui è già stato, guida deciso la cordata.



Ripidi nevai ci fanno prendere quota tra le rocce, poi un canarino ci porta ad un intaglio a quota 3700 circa.


Breve discesa su cengia che ci porta in pieno versante sud. Tutto attorno a noi solo cime bianche. Wilderness totale.


Un veloce sguardo alle nostre spalle prima di riprendere la salita.


Siamo ormai quasi sotto la punta, dove incontriamo il tratto roccioso più ostico, III-III+.



Nel mentre altre cordate ci raggiungono. Ognuna sale da dove preferisce, fregandosene un po' della via normale.


Dani è in punta. Devo solo più attraversare una sottile crestina nevosa.




Eccomi alla crestina nevosa finale.


Oltre è la Meije, 3973 m a dominare l'orizzonte.


Panoramica da sogno!


Ed eccoci qua in vetta, 3770 m.



Poi discesa. Con due doppie ci togliamo "velocemente" dai tratti più ripidi, mentre sono ancora molte le cordate a salire.


Passaggi aerei. Respiro le emozioni di quello che per me è l'ALPINISMO.


Si può non fotografare un paesaggio così almeno centocinquantamila volte? Io non resisto.


Dopo aver superato alcune cordate ritardatarie indecise sul proseguire o meno, con tutti i problemi di incroci di corda che comporta la manovra, torniamo sul ghiacciaio.


I crepacci sotto di noi sono con la bocca bella spalancata.


Seguiamo la traccia dell'andata, che con una ampia curva evita i pericolosi buchi.


La regina della zona. La Meije.


Si torna alla funivia, clamorosamente chiusa fino alle 16. Ma non importa (penso adesso mentre scrivo) perché il momento in cui sai di essere arrivato sano e salvo, con ancora in bocca il gusto dell'avventura e negli occhi i paesaggi visti che tornano a scorrere nella mente, è forse quello che ricerchiamo veramente in queste giornate.



venerdì 15 giugno 2018

Oronaye

Si ritorna a fare alpinismo in alta montagna con Danilo, su una di quelle vette riferimento della zona, ma su cui non sono ancora salito, l'Oronaye.


La prima parte, fino al lago che prende il nome dalla vetta, è la solita salita verso i laghi di Roburent, ormai percorsa un numero indefinito di volte. Pensavamo di trovar più neve, ma capiamo quasi subito che così non sarà.


Dal Lago dell'Oronaye si svolta verso sinistra, verso le pendici della nostra montagna. Risaliamo degli sfasciumi prima di toccar finalmente la bianca neve.


Cambio di assetto: ramponi e picca e che l'avventura abbia inizio!


Saliamo un passo dopo l'altro, il canale Sud, che ci porterà ad attaccare le ultime roccette che sorreggono la croce sommiate. 


Le forme e i colori della roccia sono da immortalare in ogni angolazione e sfumatura. Pinnacoli rocciosi che ricordano le più note Dolomiti, fanno da sponde al nostro riparato canale, nel quale si conserva (per fortuna) ancora un po' di neve.


Danilo mi segue a qualche metro di distanza. La pendenza del canale inizia ad essere interessante...


Con i polpacci che poco per volta diventano duri e infuocati, proseguo la mia salita in tenuta color giallo fluo.


La' in fondo il pinnacolo che prima era all'altezza di Dani, ora sembra molto più piccolo.


Siamo in cima. Posiamo picca e bastoni e teniamo i ramponi ai piedi, non sapendo quanta neve, magari ghiacciata, andremo ancora a pestare.


Adesso procediamo in conserva. Dopo aver superato un diedro camino non troppo difficile, Dani si porta oltre una breve cengia obliqua, alla cui fine troverà una sosta Raumer a cui assicurare la corda.


Oltre la sosta ci tocca salire una paretina di pochi metri...


...prima di un traverso che richiede un momento di attenzione, soprattutto per il passaggio su neve.



Eccomi nel punto più delicato. Per fortuna, adesso la neve ha una consistenza ottima per sopportare il mio peso.


Sguardo sull'alta Val Maira, sul gruppo Castello Provenzale, incastonato nella conca sopra Chiappera.


Noi invece, ancora su roccia. I passaggi sono sempre facili e piacevoli. Bisogna solo prestare un po' di attenzione a non restare con le prese in mano.


Ancora qualche metro su neve, prima di raggiungere il filo di cresta che ci condurrà alla croce. 


Sotto di me la valle dell'Oronaye, appunto, da cui siamo arrivati noi.


Crestina finale, da "grande alpinismo" e siamo in vetta, ai 3100 m dell'Oronaye, o Testa di Mosè per i cugini d'oltralpe.


Arrivo anch'ioooo...



Mentre Dani in versione Aleksej Stachanov finge di essere in ufficio e prosegue nel rispondere alle più svariate mail di lavoro, io ne approfitto a riposarmi un po' e mangiucchiare qualcosa.



Foto di vetta.



E si riparte per la seconda metà dell'itinerario.


Prime roccette da ridiscendere.




E poi due doppie da 20 metri... NO ALMENO 25 M!
Le nostre relazioni dicono 20 ma seguendole alla lettera arriviamo a 2-3 m da terra. Poi si disarrampica.


Stesso discorso per la seconda calata.


Adesso ci aspetta il lungo scivolo di neve, ormai marcia che segnerà l'ultima difficoltà del ritorno.


Come già detto, non riesco a smettere di scattare foto alle sculture che ci circondano.


Fuori anche dagli sfasciumi, non ci resta che lasciarci andare sulle dolci pendenze ancora innevate sotto di noi.



Che bello tornare a fare un po' di alpinismo di quello che tanto piace a me, su una montagna che avevo da tempo inserito nella lista delle salite da realizzare.