Ultima uscita di questo 2015, terminato con un inizio di inverno, quantomeno, anomalo. Ecco, perché al 30 dicembre ci troviamo ai piedi dello spigolo Maria Grazia di Rocca Castello, con un paio di scarpe leggere al posto di ciaspole o sci.
Il primo Sole del mattino, dopo l'ora di avvicinamento, sembra pian piano nascondersi dietro uno strato di nuvole abbastanza compatto.
Parto io sul primo tiro, che avevo già salito qualche inverno fa. Nessuna grossa difficoltà, a parte il solo chiodo che si trova prima di arrivare in sosta, a una trentina di metri da terra.
La roccia è molto fredda e la sensibilità delle mani, poca. Arrivato alla sosta proseguo per qualche metro, convinto di trovarne una migliore pochi passi dopo (ricordavo male). Con le corde che tirano e non mi lasciano proseguire, son costretto a ritornare sui miei passi.
Assicurato Danilo, inizio a recuperare la sua corda.
Anche a lui il freddo della roccia inibisce un po' la progressione. Solo arrivato in sosta inizia a sentire il classico male alle mani di quando tornano in temperatura.
Senza perder tempo parte lui sul secondo tiro, diciamo mezzo tiro; molto breve che ci porta sotto il tetto di L3.
Eccolo il tetto, dove mi ero fermato la scorsa volta. difficoltà, freddo e vento forte mi avevano fatto desistere. Questa volta per non rischiare, lo lascio al mio socio.
Superato il passaggio si torna a salire in verticale.
Una rapida occhiata in cerca del prossimo chiodo.
Il tetto ci separa visivamente. Dopo due urla parto io.
Intanto, alla base della parete, alcuni escursionisti si fermano a vedere quei due puntini colorati che salgono poco per volta.
Il quarto tiro corre sempre sullo spigolo, con vista meravigliosa sulla punta Figari, prima, e sulla Croce Provenzale, poi.
Dalla sosta, ci si sposta due o tre metri a sinistra, poi si risale una fessura verticale. Qui è inserito un chiodo da non usare o ribattere, che fuoriesce dalla roccia con la semplice imposizione del pensiero. Fare attenzione!
Ultimi metri che mi separano dalla sosta.
Riparto io sul prossimo tiro, che mi porterà a raggiungere la via Balzola (sosta comune). Anche qui, come per tutta la via, pochi chiodi, ormai mimetizzati con l'ambiente. Dato che ho poche occasioni di usarli, piazzo volentieri due o tre friends (anche per fare un po' di cinema...).
Dalla sosta sul "terrazzino Rabino", si ha questa visuale: non male!
Scambio di foto. Io in sosta e...
... Danilo in arrivo.
Inversione al comando, per gli ultimi tre tiri, sulla via Balzola con il suo lungo diedro.
Iniziamo con fessura e placca, da salire, fino ad un passaggio in alto un po' più atletico e "rododendrato".
Il sentiero a zig zag, che passa alla base delle pareti da sempre un senso di vertigine. La foto sotto parla già del tiro successivo, il penultimo della via. Nonostante la mia rigidità, mi ritrovo alcune volte in spaccate che non credevo di poter fare.
Ormai ci siamo. In vista del castello (della Castello) sommitale riparto io.
Alla nostra sinistra la Torre, con la placca Gedda in primissimo piano, che avremmo voluto salire avessimo avuto più tempo a disposizione.
Un muro un po' atletico, ma ben ammanigliato porta alla croce di vetta, sulla quale si trova l'ultima sosta.
Muro arancione molto estetico, quello che porta sulla sommità della Rocca.
Il panorama da qui è sempre bellissimo. Dalla vicina Torre, in primo piano, ci separa un bell'intaglio netto, la forcella Castello (ovviamente). La catena di montagne, leggermente imbiancate è dominta, invece, dalla Testa di Mosè o Oronaye.
Foto in vetta (immancabile) e giù con le doppie.
La foto sopra, in pieno giorno, riprende me che parto con la prima calata sulla via Balzola.
La foto sotto, in pieno buio, è stata scattata alla base delle pareti.
Nel mezzo ogni sorta di incastro e nodi che le corde potessero subire. Quindi fatica enorme e perdita di tempo, che in queste giornate corte fa la differenza tra un bella giornata in montagna e una fredda nottata, sempre in montagna.
Per questa volta siamo scesi giusto in tempo.
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