- Sperone Sud -
Difficoltà AD+
Sviluppo 700 m
Una salita che Danilo ed io stavamo pensando da un po' di tempo. Almeno da quando abbiamo avuto tra le mani il libro MONTAGNE D'OC.
Quindi parto da qui, dal Gias Lagarot, 1917 m, dove ci si apre dinnanzi questa visuale.
Il canalone di Lourousa che separa Monte Stella, 3262 m a sinistra dalla Punta dei Gelas di Lourousa, 3261 m a destra ed infine il mitico Corno Stella, 3050 m e, oltre, tutta la Catena delle Guide.
In due ore abbondanti siamo al rifugio Morelli Buzzi, 2351 m, a fare colazione con thè e torta di mele (consigliata!!). Dietro iniziamo a vedere la "nostra" Cima Mondini, che sembra libera dalla neve, nostro unico motivo di preoccupazione, soprattutto per la discesa.
Gli animali qui sono abbondanti. Camosci, stambecchi e bipedi vestiti di rosso (oggi anch'io rosso) ci accompagnano fino all'attacco. Sullo sfondo la Torre Vittorina o Sigaro.
Eccoci di fronte all'avancorpo, da scalare prima di attaccare la cima vera e propria.
Breve sosta per cambiare l'assetto e ci stacchiamo da terra.
Optiamo per salire in conserva protetta. Parte Danilo.
Un cordino al centro della foto, indica l'attacco della via. La traccia non è obbligata, ma risulta abbastanza logica da non ingannare e portare fuori percorso.
Nel tratto dell'avancorpo, nonostante sia più facile della seconda parte, si trovano qualche chiodo e le soste, per chi volesse salire a tiri di corda.
Sempre Danilo davanti che risale le rocce dritto per dritto, prima di traversare qualche metro a destra.
Io lo seguo a distanza di 30 m, cioè la nostra mezza corda usata doppia.
Procediamo spediti, senza pause. La roccia è bella e il tempo oggi, finalmente spettacolare. Ho caldo ad arrampicare in maglietta, a quasi 3000 m!
Uniche pause quelle dovute all'esaurimento del materiale da parte del primo. Adesso vado io davanti.
Nuovo cambio al comando. Ormai siamo sulla montagna vera e propria. L'avancorpo lo abbiamo salito molto velocemente, in poco più di un'ora. Le tempistiche da "conserva" sono molto più ridotte rispetto alle salite a tiri.
Dall'alto: rifugio Morelli Buzzi, la cima dell'avancorpo ed io.
Che dire poi di quello che vedo se mi giro indietro...
La parete più alta delle Marittime, culminante col Monte Stella e il Corno, col suo famoso diedro rosso che spicca inconfondibile sotto la cima.
Eccoci ad uno dei passaggi più caratteristici ed obbligati della salita, una fessura marcata che divide in due una placca liscia, dove è impegnato Danilo. Dopo, occorre tenersi a sinistra sotto lo strapiombo.
Ancora un tratto di facile arrampicata, prima di portarsi sotto il tetto, in alto nella foto.
Nuovamente io in testa.
Attento Dani... se fai un passo indietro metti un piede sul rifugio!
Prima del nuovo traverso su cresta sottile è giusto godersi la vista.
Poi via per l'ennesimo tratto fotogenico. Qui non abbiamo trovato grandi chiodi, ma tra fettucce e qualche friend medio, tenendo conto delle difficoltà mai estreme, ci siamo arrangiati.
In lontananza i ghiacciai delle Marittime. Da sinistra Clapier, 3045 m, Maledia, 3061 m, e Gelas 3143, il Monte Bianco delle Marittime, appunto.
Tutte cime su cui ho già fatto qualche pensiero, ma che non ho ancora mai avvicinato.
Guardandomi attorno, mi stavo dimenticando di dire che sono arrivato in cima... forse...
Quella che pochi metri prima di essere calpestata sembra la massima sommità, è divisa da quella vera e propria (più alta forse di 2 metri...) da un bell'intaglio, del quale non troviamo traccia nelle relazioni.
Dopo un po' di ricerca, spunta, ben nascosta, una sosta per la calata.
Questa montagna si trova geograficamente a metà strada tra le Aste, (Soprana, 2950 m e Sottana 2850 m) e...
...l'Oriol, 2843 m.
Affamati, divoriamo il pranzo, scattiamo una foto di vetta e scendiamo a vedere cosa troveremo nel canale della normale.
Il tratto di neve, si supera facilmente, restando da questo lato del canale. Più in basso zigzaghiamo tra una zona erbosa e l'altra, fino al salto di roccia, sul quale cerchiamo una sosta per calarci.
Eccola, ben nascosta e sospesa sopra la parte più stretta del colatoio. Da cercare sulla destra, faccia a valle. A prima vista non risultava così invitante, poi ribattendo i chiudi e lasciando il cordone giallo, abbiamo accresciuto la nostra fiducia nei suoi confronti.
Oltre si tratta solo più di superare un piccolo nevaietto, e per tracce raggiungere il rifugio.
In questo caldo una nuvoletta, che ci accompagni fino al parcheggio non fa poi così schifo...
In due ore abbondanti siamo al rifugio Morelli Buzzi, 2351 m, a fare colazione con thè e torta di mele (consigliata!!). Dietro iniziamo a vedere la "nostra" Cima Mondini, che sembra libera dalla neve, nostro unico motivo di preoccupazione, soprattutto per la discesa.
Gli animali qui sono abbondanti. Camosci, stambecchi e bipedi vestiti di rosso (oggi anch'io rosso) ci accompagnano fino all'attacco. Sullo sfondo la Torre Vittorina o Sigaro.
Eccoci di fronte all'avancorpo, da scalare prima di attaccare la cima vera e propria.
Breve sosta per cambiare l'assetto e ci stacchiamo da terra.
Optiamo per salire in conserva protetta. Parte Danilo.
Un cordino al centro della foto, indica l'attacco della via. La traccia non è obbligata, ma risulta abbastanza logica da non ingannare e portare fuori percorso.
Nel tratto dell'avancorpo, nonostante sia più facile della seconda parte, si trovano qualche chiodo e le soste, per chi volesse salire a tiri di corda.
Sempre Danilo davanti che risale le rocce dritto per dritto, prima di traversare qualche metro a destra.
Io lo seguo a distanza di 30 m, cioè la nostra mezza corda usata doppia.
Procediamo spediti, senza pause. La roccia è bella e il tempo oggi, finalmente spettacolare. Ho caldo ad arrampicare in maglietta, a quasi 3000 m!
Uniche pause quelle dovute all'esaurimento del materiale da parte del primo. Adesso vado io davanti.
Raggiunta la cima dell'avancorpo, bisogna superare questa sottile crestina. Intanto il panorama alle nostre spalle inizia ad allargarsi.
Spettacolare primo piano su Danilo, a metà del passaggio aereo.
Nuovo cambio al comando. Ormai siamo sulla montagna vera e propria. L'avancorpo lo abbiamo salito molto velocemente, in poco più di un'ora. Le tempistiche da "conserva" sono molto più ridotte rispetto alle salite a tiri.
Dall'alto: rifugio Morelli Buzzi, la cima dell'avancorpo ed io.
Che dire poi di quello che vedo se mi giro indietro...
La parete più alta delle Marittime, culminante col Monte Stella e il Corno, col suo famoso diedro rosso che spicca inconfondibile sotto la cima.
Eccoci ad uno dei passaggi più caratteristici ed obbligati della salita, una fessura marcata che divide in due una placca liscia, dove è impegnato Danilo. Dopo, occorre tenersi a sinistra sotto lo strapiombo.
Ancora un tratto di facile arrampicata, prima di portarsi sotto il tetto, in alto nella foto.
On board: sguardo verso il basso. Da qui si nota quanto sia marcato questo sperone.
Nuovamente io in testa.
Attento Dani... se fai un passo indietro metti un piede sul rifugio!
Prima del nuovo traverso su cresta sottile è giusto godersi la vista.
Poi via per l'ennesimo tratto fotogenico. Qui non abbiamo trovato grandi chiodi, ma tra fettucce e qualche friend medio, tenendo conto delle difficoltà mai estreme, ci siamo arrangiati.
In lontananza i ghiacciai delle Marittime. Da sinistra Clapier, 3045 m, Maledia, 3061 m, e Gelas 3143, il Monte Bianco delle Marittime, appunto.
Tutte cime su cui ho già fatto qualche pensiero, ma che non ho ancora mai avvicinato.
Guardandomi attorno, mi stavo dimenticando di dire che sono arrivato in cima... forse...
Quella che pochi metri prima di essere calpestata sembra la massima sommità, è divisa da quella vera e propria (più alta forse di 2 metri...) da un bell'intaglio, del quale non troviamo traccia nelle relazioni.
Dopo un po' di ricerca, spunta, ben nascosta, una sosta per la calata.
Dall'intaglio, in due minuti si arriva in vetta, risalendo questo canalino.
Sono 3 ore e 40 minuti, dall'attacco. Unica sosta (perdita di tempo) quella appena descritta.
Questa montagna si trova geograficamente a metà strada tra le Aste, (Soprana, 2950 m e Sottana 2850 m) e...
...l'Oriol, 2843 m.
Affamati, divoriamo il pranzo, scattiamo una foto di vetta e scendiamo a vedere cosa troveremo nel canale della normale.
Il tratto di neve, si supera facilmente, restando da questo lato del canale. Più in basso zigzaghiamo tra una zona erbosa e l'altra, fino al salto di roccia, sul quale cerchiamo una sosta per calarci.
Eccola, ben nascosta e sospesa sopra la parte più stretta del colatoio. Da cercare sulla destra, faccia a valle. A prima vista non risultava così invitante, poi ribattendo i chiudi e lasciando il cordone giallo, abbiamo accresciuto la nostra fiducia nei suoi confronti.
Oltre si tratta solo più di superare un piccolo nevaietto, e per tracce raggiungere il rifugio.
In questo caldo una nuvoletta, che ci accompagni fino al parcheggio non fa poi così schifo...
Un altro itinerario di quelli che non si leggono tutti i giorni su Gulliver, poco frequentato, ma che mi è piaciuto un sacco. Grazie a Danilo e alla sua ricerca continua di salite un po' dimenticate, a volte ingiustamente.
finalmente scrivi di nuovo baggianate...era brutto quando viveva solo di foto
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