sabato 27 agosto 2016

Monviso - via Normale

Monviso - 3841 m
- via Normale o Matthews -
Difficoltà PD


Al calar del Sole, in attesa della cena, qui al Rifugio Quintino Sella, ammiro il gioco di ombre, che proietta la sagoma del Monviso sulle nuvole che ricoprono la pianura.
Ombre, come quel filo di timore che lego sempre al nome di questa montagna. Credo sia l'unica su cui non sono salito per paura, ormai molti anni fa, ma che continua a tenermi in tensione, forse anche per le numerose volte in cui ho mancato la vetta, l'ultima pochi giorni fa, per il maltempo.
Torniamo al presente...
Prima c'è stato il facile sentiero che dal Pian del Re, 2020 m, ci ha portati fin qui, ai 2640 m del Rifugio.
Siamo in diciannove. Qualcuno è partito prima, qualcuno è arrivato passando per altri sentieri, ma adesso ci troviamo tutti riuniti allo stesso tavolo, che pianifichiamo un pochino, quella che sarà la giornata di domani, con l'ascesa ai 3841 m della vetta.

Sveglia alle 4 e partenza programmata verso le 5. Essendo in molti ci dividiamo in gruppi autonomi che potranno salire con il loro passo senza aspettar per forza gli altri.
Il mio gruppo è quello più giovane e parte in testa. Dietro di me ci sono Carlo, Paolo e Andrea, tre doglianesi molto simpatici (per loro mancano sempre 10 minuti, al massimo un quarto d'ora, anche appena partiti...) con cui mi ha fatto piacere condividere la giornata e la birra al ritorno al Rifugio.
Chiude il gruppo Luigi, che dal fondo controlla l'operato di chi ha davanti.
Le prime foto della giornata le scatto arrivati quasi al Passo delle Sagnette, 2991 m, che separa le valli Po e Varaita, in cima al tratto di ferrata costruita dopo le frane di qualche anno fa. I due nel buio sono Carlo e poco più indietro Paolo.


Aspettando qualche minuto al Passo, sotto le raffiche di un vento gelido, inizio a inquadrare la via di salita. Le due punte del Viso e il Dado di Vallanta, sopra l'ampia parete Sud dominano sulle nostre teste.


Le "Sagnette" all'alba.


Passato il quarto d'ora concordato di attesa e non vedendo arrivare gli altri gruppi, iniziamo la discesa sul Vallone delle Forciolline per pochi metri prima di tornare a salire verso l'ampia morena su cui si trova il caratteristico (e grosso) ometto.


Eccola qua l'immagine integrale di ciò che ci aspetta.


Doppiato l'ometto, di cui dicevo prima, inizia il ripido sentierino che ci porta al Bivacco Andreotti, 3225 m. Poco prima un'enorme scarica di pietre e sassi ci aveva raggelato il sangue. Per fortuna, una volta individuato il polverone abbiamo capito che la sua scia era abbastanza lontana dal nostro percorso e siamo ripartiti.


Breve pausa e ripartenza verso il nevaio Sella, quella minuscola striscia bianca, sotto la cengia orizzontale. Incredibile quanto sia magra questa lingua di neve, uno dei passaggi simbolo della salita, ormai in via di sparizione.


Dicevo della cengia orizzontale. Qui torniamo ad usare le mani (si usano già alle Sagnette) e si comincia a stare in coda dietro ai moltissimi alpinisti che saliranno quest'oggi.


Paolo passa la sottile cengia.


Superato questo traverso, si inizia a salire per sfasciumi. La famosa roccia marcia del Monviso...


Grande traffico, sia davanti che dietro.


Andrea e Paolo sbucano dall'angolo. Tra di loro la "V" illuminata, del Passo delle Sagnette.


Alla nostra sinistra il Dado di Vallanta, 3781 m.


Il chiudi-fila del gruppo, Luigi, ci segue da dietro.


La via, pur essendo una "normale", non è mai da sottovalutare. Dove si cammina il fondo poco consistente richiede attenzione per non scivolare o muovere pietre che potrebbero cadere su chi sta sotto e dove si arrampica bisogna essere lucidi a non toccare rocce mobili, il tutto quasi sempre con il vuoto sotto le suole. Questa difficoltà viene accentuata in discesa, dove pesa anche la stanchezza fisica e mentale della salita. Quindi occorre diffidare da chi dice che è tutto facile, anche se le difficoltà tecniche effettivamente non sono impossibili.


Altro passaggio verticale, altra coda.


Lo scenario alle nostre spalle è sempre di grande impatto. Dalle Marittime al gruppo Chersogno-Pelvo-Marchisa.



Dopo "10 minuti, un quarto d'ora", come dicono a Dogliani, siamo al passaggio, secondo me più complicato della via. Un diedro che si apre man mano che si sale, diventando più facile.


Lo stesso passaggio visto dall'alto, con Paolo...


...Andrea...


...e Luigi


Una volta usciti si cammina per un po' prima di arrivare ai fornelli.



Siamo sotto ad un insieme di spuntoni che ricordano dei comignoli o fornelli, appunto. Qui la salita è più semplice vista la grande disponibilità di prese e appoggi.



Faccia da fornello?


Oltre vediamo già il passaggio sulla Est e il breve tratto rimanente.
In vista della croce capiamo di essere arrivati. 3841 m!
Sembra di essere in piedi su un tappeto disegnato, tanta è la differenza di quota con tutto ciò che ci è attorno.
Il Visolotto, che dal Pian del Re sembra gemello del Viso, risulta piccolo e molto più basso. Per le altre cime la differenza è ancora maggiore.


A Nord la vista arriva fino al Monte Rosa ed al Cervino.


Dopo un oretta di pausa siamo pronti a ripartire. Ovviamente subito dopo aver fatto una foto tutti insieme. E' un peccato che il resto della truppa sia ancora indietro. Sarebbe stato bello condividere qualche momento insieme. Non avendo loro notizie iniziamo la lunga ed estenuante discesa.



Caschetti ovunque. Appena si rallenta molte persone si accodano alle spalle, quasi a mettere pressione per velocizzare il passo.


Il Gendarme, o Testa d'Aquila controlla il procedere del traffico.


Fornelli ok. Poco prima abbiamo incontrato i restanti gruppi che salivano quasi uniti.


Al passaggio più delicato della salita, assicuro una corda, in modo che con l'aiuto di un nodo Machard, si possa scendere più tranquilli.
Mentre sto per togliere la fettuccia che teneva la corda, arriva Betty, un'alpinista preoccupata per la discesa di questo tratto. Prestatole il materiale scende anche lei sulla corda. Per tranquillizzarla un po' resteremo sempre in contatto con lei e il marito, in modo da dare supporto (soprattutto morale) nei tratti più impegnativi.



Ultima difficoltà la discesa del diedro camino. Sarà anche la stanchezza, ma questi pochissimi metri mi impegnano molto. Una volta sceso aiuto i miei compagni e Betty. Ormai siamo quasi alla cengia e quindi all'Andreotti, fuori (fino alle Sagnette) dalle difficoltà.
La parete Sud al pomeriggio, all'ombra di nuvole, che non porteranno alcuna precipitazione.


Da qui per il mio gruppo tutto procede bene e alle 17 siamo in rifugio. Passate due orette torno sui miei passi per andare a vedere a che punto sono gli altri gruppi. Arrivato sotto la ferrata delle Sagnette, li vedo scendere e mi tranquillizzo. Di nuovo al Quintino Sella e poi giù verso il parcheggio.


Nonostante la stanchezza e il male ai piedi tutto è andato al meglio. Siamo arrivati tutti in cima e, più importante, tutti al fondo, ho conosciuti ragazzi con le mie stesse passioni con cui mi ha fatto piacere condividere questa fatica e ho visto Betty contenta e felice una volta passata la paura, arrivata al bivacco Andreotti. Ancora tanti sorrisi e felicità sulle facce di tutti. La stanchezza passerà e resterà solo il piacevole ricordo.

5 commenti:

  1. Guardo sempre con ammirazione le foto, con i relativi commenti, perché mi danno l'opportunità di vedere paesaggi che non riuscirei neppure ad immaginare.
    Grazie e...complimenti...
    Nelle tue escursioni lasciati sempre guidare dal buon senso e da quel pizzico di paura, che a volte ti fa rinunciare ad una vetta, e, a volte ti salva la vita!����

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  2. guardo anche io tutte le giornate che perdi in montagna, e le sciocchezze che scrivi....complimenti
    e la fascia del Più bello d'Italia la metti a qualcun'altro.........

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    1. La fascia va a chi la merita caro Anonimo... Grazie che continui a perdere tempo per leggere come lo perdo io...

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  3. Grazie per queste belle scalate da una che non le fara mai e che si accontenta si fa pe dire, di vedere gli appassionati, i veri appassionati come voi. Abbasso i maleducati e arroganti mi chiedo cosa ci vadano a fare. Stiano a casa. Saluti cari ros aosta

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  4. E per gli anonimi un augurio: Che vi passi l'invidia

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