domenica 10 ottobre 2010

La Montagna




La montagna l'ho conosciuta appena ho aperto gli occhi. La montagna famosa a dodici anni, quando fui ingaggiato come falciatore a Moena, sui pascoli alti, per poche lire all'ora. Rimasi affascinato da quelle enormi cime che spuntavano dai prati come i fiori. Si falciava tutto il giorno, circondati da lame di roccia scintillanti al sole come immense coti. Certe forme dolomitiche sono nate dai duelli tra Hurungnir e Thor. L'arma del primo era una cote che scagliava verso il nemico. Dove si conficcava era una montagna nuova. Le montagne sono belle perché hanno il vuoto attorno. Un vuoto che ci spaventa, forse perché rispecchia quello che abbiamo dentro. Le montagne comunicano il senso dell'irraggiungibile, del perfetto, del maestoso, dell'intoccabile. Ho scalato molte montagne, anche all'estero, in Groenlandia, in America, ma sono rimasto innamorato delle mie, dove sono nato e cresciuto. Andando in giro ho scoperto che le montagne del mondo hanno tutte una base e una cima, e il dolore degli uomini è sempre lo stesso. Adesso il mio motto è: - Conosci l'orto di casa tua e conoscerai l'India intera - . Chi non ha un orto contempli un geranio, sarà lo stesso. Oggi non frequento quasi più le montagne famose perchè sono diventate di moda, quindi caotiche. Alla loro base sorgono i più grandi parcheggi d'Europa. Ormai, su quelle vette cade neve colorata firmata da prestigiosi stilisti. Ma devo dire che la montagna mi ha regalato ciò che gli uomini, le donne, i genitori, non sono riusciti a darmi. Dalla montagna mi sono sentito compreso, ascoltato, degnato di attenzione. Qualche volta anche spintonato, ma sempre dopo essere stato avvertito. Anche oggi che ho passato i cinquanta, e il mio animo è diventato corteccia e le delusioni non mi forano più, perchè si spuntano sulla corteccia, quando le cose non vanno bene mi rifugio su qualche vetta. E' come fare visita a una amica, per avere un consiglio, per riflettere prima di fare sciocchezze per lasciare spegnere i fuochi che spingono al gesto impulsivo.
Vado su lungo una via facile, perchè quando si è tristi non si possono affrontare diffioltà e pericoli. Mi siedo sulla cima, fumo una sigaretta e dico: - Eccomi qua! A quel paese tutte le menate, le preoccupazioni, i pensieri - . Rimango qualche ora lassù in silenzio. Lo so, il mio è un limite, un problema di comunicazione, di rapporto col prossimo. Ma che ci posso fare? Ognuno ha le sue malattie e, di conseguenza, il proprio medico personale.
La natura, le montagne sono state la medicina, l'appiglio per non cadere. Ma, si può dire, di tutta la famiglia perchè anche mio padre e mio nonno andavano a guarirsi sulle cime. Dalle montagne ho avuto protezione e affetto. La scalata estrema è venuta dopo, ma non c'entra nulla, o molto poco, con l'amore per la montagna, con ciò che mi ha dato e continua a darmi.
Per me è la madre sulla quale giocano, si nascondono,cercano calore i suoi figli. Ogni tanto la mamma si stiracchia, respira, sbadiglia qualche bambino rotola giù. Qualche altro soffoca sotto la sua mole come un pulcino sotto la chioccia. Ma non è colpa di nessuno. Mi escono battute sarcastiche quando leggo o sento definire la montagna assassina. La montagna non è assassina, se ne sta lì e basta. Simo noi i killer di noi stessi, che non sappiamo vivere, che usiamo il profumo per l'uomo che non deve chiedere mai, che abbiamo dimenticato la carità, la riconoscenza, il rispetto, che distruggiamo la natura. La vita è un segno di matita, curvo e sottile, che finisce ad un certo punto. Per molti è lungo, per altri corto, per altri non parte nemmeno. La gomma del tempo verrà poi a cancellare quel segno.Di noi non resterà nemmeno il ricordo. E' giusto così. E allora perchè sgomitare tanto? Ho speso i giorni liberi dal dovere in compagnia delle montagne e della natura e mi sono trovato bene. Molto di più che con la gente. Perchè la montagna non è gelosa, né invidiosa, non cerca potere né vendetta. Né tradisce. per andare in montagna ho ridotto al minimo il dovere. Non ho accumulato soldi, non ho snaturato la mia vita nascondendomi sotto mucchi di orpelli inutili. Vivere è come scolpire, occore togliere, tirare via il di più, per vedere dentro. la montagna mi ha insegnato anche questo. Dopo due gioni di vagabondaggi senza cibo, una volta a casa, non è necessario che il tonno si tagli con un grissino per essere buono. La montagna mi ha fatto capire che è da sciocchi mettere la vita in banca sperando di ritrovarla con gli interessi. Mi ha aiutato a non essere troppo tonto, anche se un pò tonti si è tutti da giovani. Mi ha insegnato che dalla vetta non si va in nessun posto, si puo solo scendere. Saggio consiglio per non farsi prendere dai traguardi dell'ambizione lungo il segno di matita. Oggi non ho né rimorsi né rimpianti. E' andata così e basta. Forse sono un pò più saggio, o sto diventando vecchio. Ho usato la vita come una falce. L'ho battuta, arrotondata, senza paura di colpire il sasso nascosto tra l'erba. Ho reciso fiori ed erbe. Adesso la falce è mezza consumata. Ma taglia ancora il fieno delle montagne. Se tornassi indietro rifarei tutto. Ma indietro non vorrei mai tornare. Concludo queste righe con un pensiero di Fernando pessoa che tengo davanti al tavolo dove leggo, scrivo, e, per qualche ora, finita la bottiglia, dormo: - Quando l'erba crescerà sulla mia tomba, sia quello il segnale per dimenticarmi del tutto. La natura mai si ricorda, e per ciò è bella. E se avessero la necessità morbosa di "interpretare" l'erba verde sulla mia tomba, dicano che io continuo a rinverdire e a essere naturale - .

Mauro Corona, "Nel legno e nella pietra"


sabato 9 ottobre 2010

Monte Mondolè

S.V. - Dopodomani ci sei per andare in montagna?-
N.T. - SI, CI SONO -
Riguardando le foto ancora non ci credo di aver portato finalmente Nicola Testa in montagna, la sua prima volta, si potrebbe dire la sua "iniziazione"...

Ok si parte MA dobbiamo essere di ritorno per le ore 13:15...
La voglia di andare è troppa nonostante i "paletti" siano molto restrittivi.
- Ho trovato! - Lo porto sul Mondolè, 2382 mt, percorso facile e soprattutto veloce da raggiungere e da completare, inoltre il meteo della vigilia sembra sorridere alla nostra idea!


Dimenticavo eravamo in tre: da Villanova di Mondovì una fedelissima Nebbia non ci ha più abbandonati fino in vetta e ovviamente tutto il ritorno.
Ore 7:45 si parte a camminare cercando di fiutare un sentiero che si riesce a vedere solo per pochi metri oltre il naso.
L'itinerario fino al rifugio Balma (1883 mt) si sviluppa su una strada sterrata ed è quindi privo di pericoli. Arrivati al rifugio comincia la salita vera e propria verso il monte. Si segue lo skilift che sale dritto verso le Rocche Giardina ed arrivati in cima lo si abbandona per proseguire sulla sinistra in direzione del versante Sud del Mondolè.



La traccia segue quasi in diagonale il versante orientale fino ad arrivare nei pressi delle Rocche di Seirasso. Da qui si continua sul versante meridionale con un percorso leggermente più impegnativo, per la scomparsa di un sentiero vero e proprio, al posto del quale troviamo solamente tracce bicolori, giallo e rosso. Ormai alle croce di vetta manca poco.


La raggiungiamo in pochi minuti. Da qui il panorama è eccezionale, a tal punto che ognuno vede qualcosa diverso dagli altri!


Nella foto sopra è rappresentato il panorama come lo vedeva la macchina fotografica, lo stesso per tutti e 360 i gradi!


 Vabbè non importa vorrà dire che ritorneremo: per il momento lasciamo scritta una nostra traccia sul libro di vetta e ripartiamo per il fondovalle.




giovedì 26 agosto 2010

Breithorn Occidentale 4165 m e Centrale 4160 m

Finalmente ho realizzato il mio sogno....


...mettere i piedi sulla vetta di un 4000!
Precisamente due, i due Breithorn, quello occidentale e quello centrale.

Tutto è cominciato quando Paolo (mio preparatore atletico) mi ha proposto l'itinerario. Pronti... Via... Ed eccoci a Cervinia al cospetto del "più nobile scoglio d'Europa", il Cervino appunto.


Prendiamo la prima corsa degli impianti per Plateu Rosa ed è subito ghiacciaio!


Imbrago, ramponi e piccozza, ci leghiamo e siamo pronti per partire. La traccia è molto ampia e inizialmente pianeggiante. Solo sotto la parete inizia a salire più impegnativamente.




Arrivati nel punto più basso delle cresta che lega le due cime continuiamo sulla traccia di destra verso il più basso (di 5 metri) Breithorn centrale. Dalla cima il panorama è unico e se non ci credete guardate la foto sottostante...


Punta Dufour, Nordend, Punta Gnifetti con Capanna Margherita, i Lyskamm, Polluce e Castore, insomma tutti le principali vette del Monte Rosa!!!
Da qui siamo scesi sempre sulla cresta proseguendo fino alla cima occidentale.



Dalle foto sopra si vede tutta la cresta e sullo sfondo il Cervino.
Salvati alcuni ricordi sulla memoria delle fotocamera si riparte alla conquista della seconda cima.




Eccola, anche questa è fatta! Col vento che mi spettina posso finalmente dire di aver realizzato il mio sogno alpinistico!



giovedì 12 agosto 2010

Due giorni al Pian del Re

Nonostante il mal tempo previsto io e il vecchio Alberto abbiamo deciso di partire per la montagna. Il mio piano era quello di portare l'amico in cima a due semplici tremila, dato che non era mai stato in cima ad una montagna e nemmeno a quella altezza. Le cime prescelte dovevano essere la Meidassa 3105 m...


...e il Viso Mozzo 3019 m


GIORNO 1

Dal Pian del Re (2020 m) si segue il sentiero con indicazione per Colle delle Traversette (sentiero V16) seguendo il vallone. Si incontra la deviazione per il rif.Giacoletti che va tralasciata per proseguire ed arrivare a Pian Mait (2717 m.) in poco meno di due ore dalla partenza, dove si possono notare i resti di una casermetta o costruzione militare diroccata; intorno si iniziano a notare parti di filo spinato arruginito.
Si arriva alla casermetta (2882 m.) denominata anche "caposaldo traversette"; l'interno della costruzione non è in perfette condizioni pertanto non è consigliabile entrare.

 
Dopo la casermetta si risale lungo un sentiero pietroso (V22 per passo Luisas) fino ad arrivare ad un colletto al di sotto del monte Granero. E' proprio qui che il mio socio ha cominciato ad andare in crisi per colpa della fame (diceva di vedere trofie al pesto, lasagne, e altri tipi di primi piatti con tutte le salse possibili immaginabili!). Tornando al sentiero, arrivati al colle si continua sulla traccia di destra fino alla cima del monte Meidassa (3105 m). Guardate in che condizioni l'ho visto arrivare...


...a pezzi!
Fortunatamente la cura a base di Dolcetto e salame ha fatto il suo dovere (come potrete vedere nella prossima foto).


Dopo la russatina veloce reportage fotografico con la croce di vetta...



...e poi giù fino fino alla casermetta, da dove parte l'ultimo tratto di sentiero per il Buco di Viso.


Armati di torce entriamo nel freddo pertugio.


Come al solito all'uscita è presente uno sbarramento nevoso... che ovviamente non ci impedisce il passaggio!


Ed ecco che come vuole la tradizione da un lato il tempo è brutto (Italia) e dall'altro è bello...


Per il ritorno in patria abbiamo optato per il Colle delle Traversette 2950 m, nonostante la parte italiana sia molto esposta e aerea... vero Dabo?


GIORNO 2

Dopo una serata al Genepy e una notte in tenda sotto un acquazzone inizia col bel tempo la seconda giornata.
L'obbiettivo finale è stato limato per colpa di bolle apparse durante la notte...

Dopo pochi minuti di cammino il tempo svela l'inganno.


Nuvole e sole continuano il loro nascondino per tutta la mattinata...


Ci lasciamo anche alle spalle la nostra prima meta.


Ancora una sosta...



...e siamo pronti per la polenta al Quintino Sella!




Clamorosamente non abbiamo foto al rifugio... Per i San Tommaso pubblico la foto della fontana del Quintino Sella...



domenica 11 luglio 2010

Refuge du Carro


Il Refuge du Carro è situato a 2760 metri nel parco nazionale della Vanoise, precisamente nel comune di Bonneval sur Arc. Per arrivarci esistono due possibilità: il primo sentiero parte dal paese appena citato, quindi da una quota inferiore rispetto al via del secondo, detto sentiero balcone, che parte da un parcheggio sulla strada verso il Colle dell'Iseran.


Il rifugio si trova nel centro di un anfiteatro glaciale di cui fanno parte la Levanna Occidentale, la Grande Aiguille Rousse, l'Aiguilles du Mulinets, la Piccola e la Grande Ciamarella, la Bessanese, il circo des Evettes e l'Albaron coi suoi ghiacciai.



Inoltre nella conca in cui si trova il rifugio sono presenti due laghi...Bianco e Nero.


domenica 30 maggio 2010

A piedi sul colle Esischie

Dopo esserci andato in moto, in bici e in auto sul colle d'Esischie mi mancava solo il modo più semplice, quello che per qualcuno è l'unica vera condizione per integrarsi con un luogo...andarci a PIEDI.
Sono partito la domenica mattina in moto verso il santuario di Castelmagno (1761 metri), dove ho iniziato la camminata. Da qui al colle dovrebbero esserci circa 7 km e 600 metri di dislivello. Il percorso è tutto asfaltato ma per il momento, poco meno di metà è ancora ricoperto di neve. Farlo in auto è poco consigliato in qualunque periodo, colpa del stretto nastro stradale (in molti tratti passa una sola vettura) e per i numerosi burroni presenti da tutti e tre i versanti (Marmora, Demonte e Castelmagno).


Ecco come si presentava la situazione ai 2370 metri del colle. Per farvi capire meglio la neve mi arrivava all'addome! Per muoversi in certi tratti occorreva nuotare...

Ed ecco il video sul panorama che si poteva ammirare dal colle 


domenica 16 maggio 2010

Alla casa di caccia del Re...

Finalmente, come ogni anno, finita la stagione calcistica posso impegnare le mie domeniche con la montagna. Nonostante le previsioni del tempo non fossero le migliori, abbiamo deciso di partire verso il pian del Valasco a quasi 1800 metri di quota. Come vedrete il meteo ci ha dato ragione solo a metà...

 

La camminata parte dalle terme di Valdieri dura circa 1h e 30min su un sentiero molto facile e poco ripido, sul quale però a inizio stagione è facile trovare ancora un po' di neve, come è successo a noi. Le difficoltà sono comunque nulle per la semplicità del percorso.


Arrivati sul pianoro emerge subito la casa di caccia dei Savoia, utilizzata per le vacanze estive, restaurata dopo anni di abbandono e adesso diventata rifugio alpino.
Le prime gocce di pioggia e il freddo ci hanno costretti ad una sosta piuttosto breve e ad un pranzo in tutta fretta.
Durante il ritorno abbiamo assistito ad un "duello" tra stambecchi, una lotta naturale (vi garantisco che non c'erano soldi in ballo!), che non mi era mai capitata di vedere.
Con ancora nella mente le cornate dei due animali siamo tornati a valle, graziati dalla pioggia, ma non dal lunedì...




giovedì 11 febbraio 2010

Rifugio Pian delle Gorre

 

Per la prima escursione dell'anno abbiamo cercato un itinerario poco impegnativo, come quello che porta al rifugio Pian delle Gorre a 1032 m di altitudine. Il percorso ha inizio alla Certosa di Pesio, 180 m più in basso rispetto al rifugio e segue la neve battuta delle piste da fondo con delle piccole variazioni segnalate per chi va a piedi o utilizza le racchette da neve. Queste deviazioni diventano possibilità diverse per raggiungere il Pian delle Gorre. Al rifugio è consigliato fermarsi per una sosta magari davanti ad un piatto di polenta fumante o ad un bicchiere di vin brulè. La gita è piaciuta anche alla piccola Giorgia che ha trovato un bel modo per faticare meno...


Unica raccomandazione.... fare attenzione alla neve fresca ai bordi delle piste (potreste fare la fine del vecchio alpino!)....