domenica 30 luglio 2017

Monte Bellino Mtb

Monte Bellino - 2937 m
Difficoltà MC/BC
Dislivello 1570 m
Sviluppo 35 km circa

A pochi giorni dal passaggio dell'IronBike da queste parti scegliamo di salire al Monte Bellino con le nostre bici. Optiamo per l'anello che sale da Lausetto, per il Vallone di Traversiera, e scende dal colle Bellino per il bellissimo Vallone del Maurin.
Dopo qualche km di asfalto, inizia la comoda sterrata che ci porterà fin nei pressi della Capanna Carmagnola. 


Oggi il gruppetto è numeroso. Oltre a Crede ed io, ci sono Somi e Stefano.


La salita parte ripida nei primi km e spiana un po' dal sesto, oltre la chiesetta di Madonna delle Grazie, foto sopra.


Crede tira il gruppo.


Seguito da Somi.


Alle nostre spalle il Monte Cervet, 2984 m, domina la valle.
In questo tratto il fondo peggiora un po' e la carreggiata si stringe, rimanendo comunque autostradale, per tornare nuovamente più liscio poco oltre.


Una breve rampa sembra portarci contro le pareti del Monte Freide, 2967 m.



L'ampia e dolce strada militare che stiamo percorrendo e che conduce alla capanna Carmagnola, ormai a poca distanza da noi, sotto le cime Cervet, Freide e Albrage, 2999 m.


Ecco il gruppetto agli ultimi tornanti prima della Colletta.



Arrivati alla Colletta, abbandoniamo la strada per un più tortuoso sentierino, che taglia sotto il Monte Bellino, fino a superarlo, svoltando quindi di 180 gradi per tornare indietro e raggiungerne la vetta.


Questo tratto è praticamente pianeggiante, ma abbastanza esposto, con alcuni passaggini che ci fanno scendere di sella. Il grosso resta comunque pedalabile.


Dopo Somi passa Crede.


Il Buc di Faraut, 2914 m, dietro alla Capanna Carmagnola.


L'ultimo tratto, ripido e non pedalabile, va fatto con le bici in spalla o a spinta. In lontananza, le sagome di Bric Camosciera, 2934 m, Pelvo d'Elva, 3064 m, e del più massiccio Faraut, 3046 m.


Un esausto Crede, pensa alla fatica dei restanti 50 metri da fare.


Dalla cima, 2937 m, in lontananza e nelle nuvole, L'Aguille de Chambeyron, 3412 m e la Tête de l'Homme, 3202 m.


Oltre, verso Nord, la Tête de Cialancion, 3019 m, e il Monte Maniglia, 3177 m, con i suoi Denti.


Foto di vetta prima della discesa.


E si parte... Somi scende per primo.



Poi Stefano.


Ed infine Crede ed Io. La prima parte della discesa corre per pochi metri sullo spartiacque Traversiera-Maurin, poi svolta a destra, direzione Colle Bellino. Il fondo detritico è divertentissimo e si scende veloci per stretti tornanti.



Foto al Colle Bellino, 2804 m.


E poi di nuovo giù, verso Chiappera.


Dopo un primo tratto detritico fino al colle, un paio di tornanti ripidi subito sotto e poi pratoni fino al restringimento del vallone, dove il sentiero diventa più tormentato. Discesa fatta comunque tutta in sella.



Si torna su facile sentiero dalle Grange Soubeyran in poi. Da qui si inizia ad intravvedere il gruppo Castello-Provenzale.
Foto gasati!


Foto da compagni di Interrail!


Scatto d'autore (vero Somi?), prima di arrivare alle Grange Collet e quindi all'ampia sterrata che porta a Chiappera, poi veloce discesa bitumata verso Acceglio, con il temporale a rincorrerci.


Non ci resta che scendere in auto a Prazzo dal bar con mega scritta Leffe e brindare in compagnia per il giro compiuto!

sabato 15 luglio 2017

Monte Oronaye - Ferrata degli Alpini

Da qualche anno, ormai, sono terminati i lavori di ripristino di questa ferrata, che si snoda sulla detritica parete NE del Monte Oronaye. Unica ferrata "storica" nei dintorni, costruita dagli alpini alla fine degli anni ‘30, quando bisognava "tenere le cime" e "resistere fino alla morte", per scopi strategici e di osservazione. Faceva parte della grande opera del Vallo Alpino.
Oggi, così, siamo qui io e il Batta a curiosare, lungo gli svariati metri di cavo d'acciaio, sull'operato del genio militare del secolo scorso e a passare una bella giornata in montagna.
La nostra gita parte dall'ultimo tornante, prima dell'inizio della strada sterrata che sale a Prato Ciorliero, sopra la borgata di Viviere.


Pochi passi nel Vallone Enchiausa e ci troviamo di fronte al particolare "lavagnone" del Bric Content, 2722 m. Inizia a intravvedersi, anche, la parete su cui corre la via ferrata che saliremo tra poco.


Il sentiero sale inizialmente verso il bivacco Valmaggia, 2335 m, passando in mezzo a verdi prati.


Arrivati nei pressi del bivacco si abbandona il sentiero che sale al Colle d'Enchiausa, (foto sotto sulla sinistra) per tenere la traccia che piega in direzione SO verso il Colle del Feuillas.


Una quarantina di minuti più tardi, raggiungiamo il bivacco Enrico Mario, dentro al quale ci fermiamo per la colazione e per visionarne l'interno. Ci sono brandine con materassi che sembrano lasciati lì dai tempi della costruzione della struttura.


La vista dall'ingresso non è male, anche se le nuvole che salgono veloci, ci preoccupano un po'.


Colazione fatta, si riparte. Noi scendiamo alcuni metri, dato che avevamo trovato una roccia sul sentiero poco prima del bivacco, con scritta gialla VF e freccia che ne indicava l'inizio. Sbagliato. Bisogna partire dal sentierino che sale la breve rampa al centro della foto sotto, oltre il bivacco. Da qui ci sono dei bei anelli metallici color blu per un'eventuale corda da fissare, data l'esposizione del passaggio.


Superati i primi metri, in cui abbiamo sbagliato strada, molto sfasciumosi, proseguiamo su questo sentierino, che taglia il pendio alla base della parete...


...fino a raggiungere la sella della foto sotto, in mezzo a rocce giallastre. Qui il terreno richiede un minimo di attenzione. Proprio per questo negli ultimi metri si trovano già brevi tratti di cavo d'acciaio.


Ai nostri piedi il vallone risalito per giungere qui. In lontananza il Passo della Gardetta, 2437 m, da cui sono sceso con la mtb poco tempo fa.


Iniziamo la ferrata vera e propria. La prima parte sale dritta verso l'alto fino al primo ricovero.


E' una ferrata in cui non ci sono i pioli per mani e piedi, proprio per mantenere le caratteristiche di quella storica. Si sale, infatti, praticamente arrampicando sulla roccia.


Uno dai problemi maggiori di questo percorso sta nel terreno molto sfasciumoso, in cui occorre prestare attenzione a non tirare sassi addosso a chi ci segue.


Batta risale l'ultimo muretto prima del...


...ricovero. Una casettina di pietra, al cui interno si trovano alcuni beni di primissima necessità per le emergenze, addossata alla parete rocciosa.


Io non sono certo molto alto, ma entrassi dentro dovrei comunque fare attenzione alla testa.


L'interno, con un materasso che ormai non è più un materasso e appunto, una tanica d'acqua e un fornellino a gas.


Foto di squadra e si riparte!


Ah no, dimenticavo il lazo con il set da ferrata. Adesso sì che si può ripartire.


Due corvi gracchiano dalle pareti di fronte a noi. Saranno uccelli del malaugurio?


Lasciato il ricovero si prosegue scendendo pochi metri, senza cavo, per ritrovarlo appena la traccia torna a salire. Sono molti i punti in cui mi chiedo come mai abbiano lasciato zone non protette da questa sicurezza, a volte veramente per pochi passi, ma che comunque su un terreno così insidioso possono essere importanti.


L'ovetto di legno. Lungo il cavo "storico", sono stati inseriti tra i vari filamenti, questi ovetti di legno. La mia spiegazione circa la loro utilità è stata che servissero per facilitare la presa in caso di freddo e quindi guanti, oppure per mettere dei fermi in cui i moschettoni non possano passare in caso di caduta. Ora non so se al tempo di questa costruzione i militari usassero i moschettoni, come noi adesso. Qualcuno su Facebbok mi ha scritto che servivano da tendicavo, anche se non riesco a capire come.


Torniamo alla ferrata.


Dal ricovero in su la via corre su cenge mediamente esposte e con un fondo come nella foto sotto.



Batta mi segue a pochi metri di distanza.


La guglia da cui si lanciavano i gracchi, adesso è abbondantemente sotto di noi. Si intravvede pure l'Auto Vallonasso, 2885 m, in secondo piano.


Continuiamo a salire per roccette.



Arrivati vicino al secondo ricovero, ci affacciamo da un balcone di roccia, sul Vallone de l'Oronaye, con il sottostante lago omonimo.


Arriva Batta. Alle sue spalle una porta e una finestra che sembrano disegnate nella roccia.


Eccolo il micro-ricovero, sopra il quale si trova il vero passaggio emblematico della ferrata: la scala a pioli.


Interno minimale, ma anche qui acqua e fornellino.



Siamo alla scala metallica, che sale per 30-40 metri credo, facendoci superare agevolmente tratti di rocce piuttosto lisce. Alcuni pioli, schiacciati dal peso contro la montagna, impediscono a mani e piedi di usufruire in maniera corretta della presa o appoggio.


In cima alla scala mancano pochi passi...


...alla vetta, Punta Dronero, 3050 m.


La punta vera e propria resta al di la di un profondo canalone. Per raggiungerla bisognerebbe scendere alla forcella a destra in foto e risalire con passi di IV+ fino alla croce. Per oggi a noi basta così.


Foto in vetta.


La sella citata prima, per salire ai 3100 m della vetta principale.


Sotto di noi tutta la catena che parte dal Vanclava, 2874 m e comprende Monte Scaletta, 2840 m, Bric Content, 2722 m e Rocca Peroni, 2748 m.


Dopo aver mangiucchiato qualcosa, scendiamo. Batta alle prese con la scala.


Foto da "Uomo del Monte".


Si continua a scendere su terreno instabile.


Un camoscio, sotto la solita guglia si affaccia a controllare la valle sottostante.


La discesa segue lo stesso percorso dell'andata. Una volta arrivati al bivacco Enrico-Mario si possono veramente mettere le mani in tasca.
Un'altra "natta" ce la siamo tolta e siamo felici di essere andati a curiosare cosa hanno costruito i nostri nonni e bisnonni, su queste montagne.