lunedì 7 agosto 2017

Traversata Punta Helbronner - Aiguille du Midi

E' passato ormai un anno dalla prima volta che misi piede su questo ghiacciaio. Allora, con Danilo cercammo di salire il Trident du Tacul.
In quella occasione vidi molta gente che percorreva la traccia verso l'Aiguille du Midi, traccia che alla vista saliva dolce su distese di ghiaccio in leggera salita.
Ecco perchè oggi sono qui con papà e Crede. Per la traversata da Punta Helbronner, 3470 m, all'Aiguille du Midi, 3842 m.


Dall'arrivo della nuova funivia Skyway, che sale da Courmayeur, appena scesi alla stazione ci incamminiamo sulla passerella che porta alle scale che scendono sul ghiacciaio. A metà passerella una sbarra fa supporre che sia meglio non proseguire, come, più avanti un cartello con varie scritte sui pericoli di questo ambiente e la fatidica parola "morte". Superato tutto questo, ancora un ulteriore ostacolo contro i turisti che cercano una foto sul ghiacciaio: i gradini terminano a due metri da terra. Per scendere ci si deve aggrappare ad una corda fissata alla roccia.


Finalmente sul ghiacciaio, ci leghiamo tutti e tre e ci infiliamo i ramponi.
La nostra traversata comincia in piano per un breve tratto che anticipa la discesa. In tutto si perderanno circa 400 m di quota per risalirne, quindi, 800 m successivamente.


Mi trovo ultimo nella cordata. Alle mie spalle la stazione di Helbronner, con gli ovetti che arrivano o partono in direzione Midi. In questo punto siamo sotto all'incredibile pilone sospeso, ovvero un pilone per impianti a fune che invece di poggiare a terra, viene sorretto dall'alto, da due cavi tesi contro due pareti di roccia.


Iniziamo la discesa che porta verso i satelliti del Tacul, dominati dal maestoso Grand Capucin, 3838 m. Al fondo della stessa, ci facciamo scattare una foto di cordata, in questo luogo incredibile.
Proseguiamo oltre, verso il ghiacciaio alla base delle pareti rocciose, molto crepacciato.


L'Aiguille du Midi, in centro alla foto sotto, ancora molto lontana.


Transitiamo vicino alla Combe Maudit, un enorme piazzale ghiacciato circondato da pareti verticali e severe, a cui fa da sfondo la mole del Bianco.


Eccoci ai crepacci. Passiamo veloci su questi ponti di neve, che con le temperature di questi giorni potrebbero non essere così solidi.


Sotto il video riassunto di questa parte di traversata.


Anche Crede, con maglia del Giappone per l'occasione, supera il crepaccio. Dietro la Tour Ronde, 3798 m.


Sotto al Tacul non posso smettere di fare foto. Oltre all'imponente "cappuccino" tutta la montagna è un continuo susseguirsi di pilastri e guglie che sembrano voler pungere il cielo.


Il Monte Bianco, 4810 m, dietro ad un ghiacciaio che si spacca pian piano.


Una delle immagini più incredibili di giornata, è questa: i Drus, 3754 m, l'Aiguille Verte, 4122 m, le Droites, 4000 m, le Courtes, 3856 m, con gli ovetti sospesi in aria a tre a tre, probabilmente a più di 200 m da terra. I ghiacciai Charpoua e del Talèfre, divisi al centro dall'Aiguille du Moine, a me nota perchè in una vecchia videocassetta della Sector NoLimits, Jerome Ruby e Dede Rhem, la scendevano con lo snowboard.


Altro crepaccio e altro scatto grandioso, che solo un ambiente così può regalare.


Per chi vuole provare l'emozione "on board" di superare un crepaccio... C'è il video sotto.


Qualche istante di apnea per passare sul ponticello e si riparte in questo labirinto di buchi, fortunatamente oggi ben visibili (si spera).


Il Grand Cap e più basso a sinistra, il Trident, che ho scalato, quasi fino in punta lo scorso anno. Da qui si capisce il perchè del nome "tridente".


Non ho più molti aggettivi da giocarmi senza essere ripetitivo, per descrivere quest'ambiente verticale, così severo e inospitale, ma che attira la mia macchina fotografica, come una calamita farebbe col ferro.


Vista allargata del Mont Blanc du Tacul, 4248 m.


Crede dal fondo della cordata controlla che mio papà non acceleri troppo il passo, per non lasciare la corda troppo lasca, con scarsi risultati. Mi toccherà "sgridarlo" più volte con scarso successo.



Finalmente siamo in vista dell'arrivo. Sembra ormai a portata di mano, anche se il bello dovrà ancora venire...


Foto alla cordata con il Dente del Gigante, 4014 m, sullo sfondo, di fianco alla mia testolina.


Magnifico! Questo è cosa vedono i nostri occhi verso Nord, verso la Verte, per intenderci. Il numero delle guglie e delle creste, così frastagliate è impressionante. Potrei restare seduto in questo posto per ore senza stancarmi di guardare queste montagne.


Alle nostre spalle, o meglio sopra le nostre teste, il Tacul inizia a farci vedere i suoi seracchi sospesi.


Da qui la traversata inizia a presentare i suoi tratti più ostici. In primis, quel crepaccio enorme e grigiastro alla base della cresta nevosa (secondo ostacolo), dal quale risaliremo tra poco.



Per ovvie ragioni non ho preso foto del momento in cui abbiamo superato il grosso crepaccio. A complicare le cose un ghiaccio praticamente vitreo e la ressa di alpinisti tutti imbottigliati, ma impazienti di passare anche a costo di ingarbugliare le varie corde, in un posto non certo comodo.
Anche qui riusciamo a passare con calma, mentre faccio un minimo di sicura a spalle ai miei compagni.


Il rifugio di Cosmiques, 3613 m, sotto un'imponente seraccata alla base del Tacul.


Ultimi sforzi dai! Ci resta una sottile crestina aerea da superare.


Anche i miei compagni escono sul balcone che precede la cresta.


Sullo sfondo ecco comparire la mole enorme dei Grand Combin, 4314 m, davanti ad un minuscolo (visto da qui) Cervino, 4474 m.


Da sinistra, Grandes Jorasses, con la punta Walker a dominare tutte le altre dai suoi 4206 m di quota, Dôme e Aiguille di Rochefort, rispettivamente, 4015 m e 4001 m, la famosa cresta omonima e il Dente del Gigante.


Ci siamo iniziamo l'ultimo e più adrenalinico tratto.


Da un lato le minuscole case di Chamonix, circa 3000 m più in basso, e dall'altro il ghiacciaio della Vallée Blanche, solo due o trecento metri più in basso. Praticamente siamo in volo.


Primo tratto esposto superato da papà. Crede sale ancora verso la corda fissa.


Non certo un posto dove si cammina con le mani in tasca.


Momento di scarico della tensione, prima del secondo tratto di cresta.


Anche qui emozioni ed immagini "on board"!


Dai Crede che siamo fuori! Sono contento di essere arrivati alla tranquillità della stazione dell'Aiguille du Midi, quest'ultimo tratto ha consumato parecchie energie nervose.


Ma adesso è solo un ricordo. Siamo arrivati e le nostre facce hanno solo più sorrisi!


La felicità di papà nel fare una foto col cartello che certifica la sua appartenenza al mondo "alpinistico", vale tutti gli sforzi fatti per arrivare qui. Credo anche i suoi, ma sicuramente i miei.


Il bacio alla piccozza davanti al cartello "acces reserve aux alpinistes", è più di un attestato che certifica l'appartenenza a questo gruppo.


Dentro la stazione ci rilassiamo totalmente e diventiamo un po' come gli "occhi a mandorla", nascosti dietro gli obiettivi delle loro macchine fotografiche pronti a scattar foto. Persino a noi, che arrivavamo in tenuta alpinistica e con facce provate.


La cima della guglia, raggiungibile (per comuni mortali) grazie ad un ascensore interno, che escludiamo di utilizzare per la troppa coda.


Mentre scattiamo foto al mondo che ci circonda, qualcuno, su una puntina della cresta dei Cosmiques, cerca l'equilibrio perfetto.


Foto di vetta, anche se fatta su un terrazzo di cemento armato...
La faccia di Crede sarà per via degli ovetti che ci attendono per il ritorno?


Uno scatto con papà sul lato Jorasses e siamo pronti a spendere i 27 euro (29 se si fa andata/ritorno ?!?!) per l'impianto che ci porterà senza fatica a Punta Helbronner.


Selfie sull'ovetto. La tensione di Crede non si percepisce in foto, ma il continuo ticchettio dei suoi piedi e lo sguardo mai spostato dal mio cellulare ne sono la prova. Peccato perchè viaggiare a due o trecento metri da terra sul Monte Bianco, comodi e senza un filo d'aria, non capita tutti i giorni.


La Combe Maudit, da una prospettiva diversa.


Ormai siamo in stazione a Punta Helbronner. Scendiamo al rif. Torino per pranzare e per riavvolgere il nastro della giornata, per ripensare ai momenti di paura sulla cresta e agli scenari pazzeschi che abbiamo immortalato nella mente.
La felicità e la soddisfazione negli occhi e nelle parole dei miei amici, uno è anche genitore, credo siano il vero obbiettivo di giornate così, più che una punta da raggiungere.

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